Mercoledì 17 Aprile 2024

La sinistra bussa ai dem Tornano D’Alema e Bersani? "Porte aperte". Anzi, non ancora

Bonaccini dà il via libera al loro ritorno a casa, poi ridimensiona. Intanto Calenda lo attacca. I voti degli iscritti al partitino di Speranza sono solo 13mila ma fanno gola a tutti i candidati

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di Ettore Maria Colombo

Si riaccendono i fari sulla sinistra a sinistra del Pd, gli ormai quasi ex scissionisti di Articolo 1 di Bersani e D’Alema e il loro rientro nel Pd. Che cosa faranno davvero? Come si comporteranno? Il “ritorno a casa“ di 13.500 iscritti, ma dai nomi molto evocativi (oltre a Bersani e D’Alema, ci sono Speranza, Stumpo, Scotto, Guerra e altri) sembrava cosa fatta, ma così non è, anzi è sub judice di una serie di condizioni e trattative.

A parlarne, ieri, è stato Stefano Bonaccini. Una sua molto generica risposta ("porte aperte a tutti") a un’intervista diventa nel titolo un’affermazione ("porte aperte a Bersani e D’Alema") che crea stupore. Il riformista e pragmatico Bonaccini è molto lontano dalla visione del mondo di Articolo 1, dichiaratamente vicino all’altra candidata, e sua principale competitor, la Schlein, oltre che cultori indefessi dell’alleanza organica con i 5Stelle. Carlo Calenda fa partire un tweet al vetriolo: "Bersani, D’Alema, M5s, De Luca e Emiliano. L’involuzione di Bonaccini verso il “fritto misto populista“, è un problema per tutti i riformisti perché riduce la possibilità di alleanze a zero". Bonaccini controreplica: "Leggi le interviste per intero, ascolta che cosa dico". Calenda, prende atto, ma anche da Articolo 1 spiegano: "Bonaccini non ci apre affatto le porte, dice solo che può aderire chi vuole al Pd".

I nodi del “ritorno a casa“ di Articolo 1, che sembrava certo, sono due. Uno formale e uno politico. Il nuovo regolamento congressuale permette, per la prima volta, anche ad altri partiti (ma solo Articolo 1 ha aderito, Psi e Demos no) di votare alle primarie dem, e già nel voto gli iscritti. Una prima volta assoluta, nella storia delle primarie. Il problema è sorto perché il Pd chiede, a chi vuole votare ai congressi di circolo, di avere in tasca la tessera del 2022 o di versare la quota per il 2023 entro il 31 gennaio. Cosa ovviamente impossibile per gli iscritti ad Articolo 1. Dopo un serrato match tra due tipi tosti, il braccio destro di Letta, Marco Meloni, e il mitico organizzatore di Articolo 1 (e ieri del Pd), Nico Stumpo, è stato risolto il busillis. Il compromesso, allargando a spallate le maglie del Regolamento congressuale, prevede "diritto di parola e di voto", nei congressi di circolo, anche agli iscritti a partiti e movimenti che sottoscrivono l’impegno formale di adesione al processo costituente, entro il 31 gennaio 2023. Parliamo di 13.500 iscritti certificati, ad Articolo 1, ma in un congresso che si gioca su numeri bassi fanno gola a tutti i contendenti. Non a caso, Bonaccini ammicca persino a loro, i più lontani da lui, mentre la Schlein dà i loro voti acquisiti.

L’altro nodo, però, è politico. Ed è più pesante. Letta aveva promesso una rifondazione del Pd, un partito nuovo e un congresso costituente, a partire dal nuovo Manifesto dei Valori che, specie in casa di Articolo. 1, volevano radicale e socialista proprio come la sinistra interna al Pd. Ma il congresso costituente si è perso per strada, il nuovo Manifesto, al massimo, ritoccherà quello vecchio, voluto da Veltroni. Hanno stoppato l’operazione i riformisti, e l’Assemblea costituente che lo adotterà, essendo quella “vecchia“ (si terrà il 20 gennaio), non avrà caratteri costituenti. I liberal e i riformisti, la destra, su questo ha fatto le barricate. Ma la sinistra è pronta a fare le sue. Il coordinatore nazionale di Articolo 1, Arturo Scotto, spiega che "se non c’è un nuovo Manifesto, una nuova Carta dei Valori e non parte un vero processo costituente l’intera operazione è monca. A noi non basta un puro restyling del Pd attuale". Tocca a Letta uscirne ed evitare che salti quanto sembrava scontato: l’approdo di Articolo 1 nel Pd.