La "simpatia" e i confini della libertà

Marcella

Cocchi

Non c’è nulla da fare o che basti dire. L’eterno Paese dei fascisti contro anti-fascisti ripropone sempre lo stesso schema. Ieri è successo alla Sapienza, proprio nel giorno in cui la premier di destra ha detto di non aver mai provato simpatia per il fascismo (lasciamo perdere in questa sede il factcheking) e mentre, in uno dei passaggi più insoliti del suo discorso, ha confessato che difficilmente riuscirà a non provare "un moto di simpatia per coloro che scenderanno in piazza contro" il governo. Suonava autentico il suo appello, detto da una "underdog", una sfavorita vincente, nella bocca di chi dai 15 anni lavora a trasformare la "meravigliosa palestra di vita" (sue parole) fatta di comizi ai margini, scontri e "impegno giovanile" in potere guadagnato con il sudore. Tutto si può dire meno che Meloni non abbia avuto il coraggio di "saper lottare non solo senza paura, ma anche senza speranza" (frase di Sandro Pertini, citata da un altro ex militante del fronte della gioventù come La Russa). La sua forza sta qui ed è lo stesso credito che Meloni sembra voler riconoscere ai ribelli di ogni parte. Ma è a questo punto che il Paese delle barricate la smentisce e, forse, lei stessa si smentisce. A chi parla l’ex responsabile di Azione studentesca (Meloni lo fu dal 1996) nel giorno in cui i suoi omonimi di oggi hanno organizzato il convegno alla Sapienza? La "simpatia" va anche ai collettivi di sinistra che volevano impedire un convegno autorizzato per un deputato di FdI e Capezzone al grido di “Fuori i fascisti dall’Università“? E come la mettiamo con le scene che mai si sarebbero più volute vedere delle manganellate della polizia e dello studente fatto sdraiare e ammanettato? La parte meno chiara del suo discorso è quella in cui, citando Steve Jobs, Meloni aggiunge quel "siate liberi" ai contestatori. Frase che può voler dire: non lasciatevi strumentalizzare. Ma il difficile sarà mettere, o non mettere, i confini giusti alla libertà.