La sfida di Putin "Donbass nostro, ora si può trattare" Il no della Nato

Mosca celebra l’annessione: "La difenderemo con ogni mezzo". L’Occidente: "Quelle terre sono di Kiev che ha diritto a riprenderle"

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di Alessandro Farruggia

L’ha fatto. Vladimir Putin si taglia i ponti alle spalle, firma l’annessione delle quattro regioni ucraine invase (tre delle quali controlla solo in parte) nelle quali ha fatto condurre un referendum farsa. "Voglio che mi sentano a Kiev, che mi sentano in Occidente: le persone che vivono nel Luhansk, nel Donetsk, a Kherson e Zaporizhzhia – scandisce – diventano nostri cittadini per sempre". E offre a Kiev improbabili trattative di pace in cambio di una accettazione dello status quo. Ma il presidente ucraino Volodymyr Zelensky per tutta risposta fa sapere che la guerra continuerà "fino alla completa liberazione", e che fino a che ci sarà Putin "ogni trattativa di pace sarà impossibile". Non solo: chiede formalmente l’ingresso accelerato dell’Ucraina nella Nato. L’Occidente, anche se per l’ingresso nella Nato prende tempo, Usa in testa, è con lui. "Gli Usa non si faranno intimidire da Putin, dalle sue minacce o dalle farsa che ha organizzato", replica Joe Biden ribadendo che "gli Usa e i loro alleati non riconosceranno mai i territori come Russia e continueranno ad aiutare l’Ucraina". Così G7, Nato ("È un’invasione illegale e illegittima"), Unione europea, Gran Bretagna. E fioccano nuove sanzioni.

Il 30 settembre che passerà alla storia per la decisione di Putin di annettersi le quattro regioni e di alzare l’asticella lanciando de facto la guerra all’Occidente si apre con la più plastica dimostrazione di quello che significa la guerra di Putin: una guerra contro la popolazione. Per terrorizzare il popolo di Zaporizhzhia l’esercito russo lancia alle 7.10 del mattino tre missili S 300 su un centro di incontro per i profughi che vengono dalle zone occupate. In attesa ci sono una sessantina di auto e pulmini e 160 persone. Nessun obiettivo militare, solo gente comune. Famiglie, volontari. Povera gente che scappa dalla guerra. I missili li prendono in pieno. Ed è strage. "Abbiamo 30 morti, 29 dei quali civili, e 88 feriti – annuncia in serata Igor Klimenko, capo della polizia nazionale ucraina – tra i morti ci sono due bambini: una ragazza di 11 anni e un ragazzo di 14. Ferita anche una bambina di 3 anni. L’esercito russo sapeva che ci sono sempre molte persone qui. Soprattutto al mattino. E hanno mirato deliberatamente proprio qui. Questo è un omicidio di massa mirato". "La Russia è uno stato terrorista e i suoi soldati una feccia assetata di sangue" attacca il presidente Zelensky.

Ma per Putin questo attacco è irrilevante. Putin, nel suo discorso non nomina mai l’Ucraina, il suo obiettivo è l’Occidente. "L’Occidente – dice – vuole continuare a depredare il mondo e servirsi della rendita che deriva dalla sua egemonia. Proprio nella cupidigia stanno le cause della guerra ibrida che l’Occidente sta conducendo contro la Russia". Sottolinea che quella in corso è anche una battaglia di valori. Tenta di dividere ("Gli anglosassoni chiedono sempre più sanzioni contro la Russia, e i politici europei accettano obbedienti") e minaccia l’olocausto: "Gli Usa sono l’unico Paese al mondo ad aver adoperato due volte l’arma nucleare. Creando, a proposito, un precedente".

Lo Zar mette il suo arsenale sul tavolo. Perché, avverte "difenderemo la sicurezza del nostro popolo con tutti gli strumenti a nostra disposizione". Compresa l’atomica. Ma il mondo non gli crede. Da ieri Putin è sempre più solo e dannato a cercare un trionfo impossibile da ottenere. "La vittoria sarà nostra" grida dal palco del concerto sulla Piazza Rossa. Ci crede solo lui.