Sabato 20 Aprile 2024

La sfida delle Regionali Il Pd vuole le primarie ma tratta con i grillini Nel Lazio rischia il ko

In Lombardia tramonta l’ipotesi di appoggiare la Moratti. D’Alema e Bettini spingono per riallacciare i rapporti con Conte. Letta ipotizza di anticipare il congresso, mezzo partito si ribella

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di Antonella Coppari

Gratta gratta il Pd, che stando ai sondaggi s’inabissa, finisce sempre per attaccarsi alla sua formula magica: primarie, primarie, primarie. Subito dopo la batosta del 25 settembre tutte le aree del partito avevano assicurato che, stavolta, il congresso non si sarebbe limitato ad aprire i gazebo per scegliere un nuovo segretario, ma delle assise identitarie promesse un po’ da tutti non si vede traccia. E anche il tentativo nobile di evitare l’assurdità di una segreteria uscente in carica per mesi intrapreso ieri da Letta con la proposta di anticipare il congresso, è stata respinta da un buon numero di ’vip’ democratici, specialmente di sinistra. Al congresso (fissato per il 12 marzo) il Pd rischia così di arrivare con una nuova batosta sul groppone: quella delle regionali. Se tutto va come da copione, infatti, si dovrebbero svolgere tra il 12 e il 19 febbraio.

In Lombardia non sarebbe una tragedia: quella è la piazza più ostica da sempre. Nel Lazio è un altro paio di maniche, ma anche nella regione di Zingaretti (si dimetterà giovedì) la situazione sta tra il drammatico e il tragico. E allora che fare? Primarie, primarie, primarie. In Lombardia dove l’ipotesi di opporre alla destra una candidata moderata come Letizia Moratti sembra scongiurata (ma non si può mai dire, c’è chi ancora ci punta magari dopo un passaggio purificatore con le primarie) i nomi girano vorticosamente nel frullatore: Giuseppe Sala, Giuliano Pisapia, Carlo Cottarelli (che ora ha ritirato la disponibilità). Tanto qui la croce M5s non c’è, e già basta per tirare un sospiro di sollievo. A quella croce, invece, il Pd rischia di essere inchiodato nel Lazio. Senza il movimento di Conte la sconfitta pare un destino certo. Recuperare il rapporto con i cinquestelle però è tutt’altro che facile. Un ostacolo naturalmente è il candidato che, va da sé, verrà scelto nei gazebo. Attivissimi sul fronte della diplomazia contiana, Massimo D’Alema e Goffredo Bettini avrebbero proposto di mettere in campo Enrico Gasbarra, di certo nella peggiore delle ipotesi meno sgradito ai pentastellati degli altri nomi: Daniele Leodori, Marta Bonafoni, l’ex ministro Massimo Bray, il presidente della Comunità di Sant’Egidio Massimo Impagliazzo.

E soprattutto, l’attuale assessore alla Sanità della regione, Alessio D’Amato. Quest’ultimo in effetti indicherebbe la direzione opposta, servirebbe cioè a coinvolgere Carlo Calenda – tra gli ospiti dell’evento al teatro Brancaccio promosso dallo stesso D’Amato per lanciare la sua candidatura – nel vortice delle primarie. Almeno nei desiderata del Nazareno, perché il leader di Azione insiste nel far saper che non ci pensa proprio. Il vero grosso ostacolo nel Lazio però è ancora una volta il rigassificatore del sindaco Gualtieri. Per i 5stelle la sua eliminazione è conditio sine qua non, ma certo sarebbe un bel paradosso se il Pd dopo aver creato le condizioni per la crisi del governo Draghi in nome del rigassificatore lo sacrificasse adesso per la presidenza di regione. Ne discuteranno domani Letta con Zingaretti, Boccia e il segretario Pd del Lazio, Astorre. Tutto è sempre possibile, ma in questo caso salvare il Lazio sembra almeno molto improbabile. Il Pd arriverebbe così al congresso più che mai in ginocchio, e stavolta non basterebbero come consolazione neppure le adorate primarie.