La sentenza di Cassese. "Governo partito bene. Ma su Pnrr si rischia, serve accelerare"

Il celebre giurista traccia un bilancio del lavoro dell’esecutivo "L’unico intoppo è stato il decreto sui rave, che non ho convidiso. Positivi i rapporti con Ue e Nato, come pure l’impegno per l’Ucraina"

Il maxi raduno di Modena che ha causato la prima stretta sui rave party

Il maxi raduno di Modena che ha causato la prima stretta sui rave party

Come è stato l’inizio del governo Meloni?

"Il bilancio è positivo – esordisce netto Sabino Cassese, il principe dei giuristi italiani, acuto osservatore delle mosse di esecutivi e Parlamenti – In questi 40 giorni di governo, la nuova compagine ha mostrato di sapere tenere il passo in relazione al percorso e al tempo di percorrenza. Ora comincia la lotta con il tempo della fase natalizia, a causa dell’ingorgo parlamentare prodotto da quattro decreti da convertire e dal bilancio 2023 da approvare. La tentazione per questo governo, come per quelli precedenti, è di porre in continuazione fiducie, in modo da tagliare i dibattiti parlamentari, ma le previsioni di durata del governo dovrebbero consigliare di non abusare di questo strumento, che finisce per tendere i rapporti tra esecutivo e legislativo".

Dal metodo al merito, come si sta muovendo la premier sul terreno della politica estera?

"Il governo ha finora mostrato un orientamento opposto al nazionalismo autarchico che veniva attribuito ad esso. Ricordo l’impegno per il G20 e per la Cop27, quello relativo alla Nato, quello sugli interventi europei a favore dell’Ucraina. C’è un capitolo importante che si è appena aperto, quello della revisione della cosiddetta governance economica. Si è capito che la contrapposizione tra nazionalismo e sovranismo è sbagliata perché è nell’interesse nazionale essere quanto più possibile d’accordo con gli altri paesi dell’Unione Europea".

La prima manovra economica come le sembra?

"Il bilancio per il 2023 nasce sotto buoni auspici. Le cifre complessive sono note: in un bilancio di centinaia di miliardi, con 400 milioni a disposizione del Parlamento per ulteriori scelte, ma con il vincolo del rispetto degli equilibri complessivi. Quanti di quei circa 140 articoli del bilancio di previsione sarebbero stati presentati anche dalle forze ora all’opposizione?".

Il decreto sui Rave party, però, non è stata un’operazione ben congegnata.

"Sì, va segnalato lo scivolone iniziale con la proposta di penalizzare il cosiddetto “Rave party”. Uno scivolone perché forze politiche che erano favorevoli alla depenalizzazione hanno creato un altro tipo di reato. Perché la sua descrizione era generica e non identificava espressamente l’attività proibita. Perché le sanzioni erano chiaramente sproporzionate".

È apparso esagerato anche ricorrere a un decreto legge.

"Un decreto-legge non era necessario, mancando il requisito della necessità e dell’urgenza. Come non era necessario cercare di consentire intercettazioni per un fenomeno ben visibile. Un esame della legislazione adottata in Francia e nel Regno Unito, del resto, avrebbe consentito di capire che la sanzione migliore consiste nella confisca dei mezzi e degli impianti. Gli eventi collettivi, del resto, non vanno impediti, purché non siano “deliranti” o “farneticanti” (questo significa “Rave party”). Il governo ha fatto bene ad avviare subito correzioni, anche se queste potrebbero ora rilevarsi non sufficienti".

Un altro punto debole rischia di essere l’attuazione del Pnrr.

"Il piano di ripresa è in un momento di crisi, dovuto a ritardi nell’esecuzione delle opere. In Italia ci si impiega normalmente 815 giorni in media dalla pubblicazione del bando al pagamento dell’impresa, contro una media di 605 giorni nell’Unione Europea. Dunque, quasi il 35% del tempo in più".

Quali freni e ostacoli individua?

"Il codice dei contratti pubblici va modificato: una proposta in questo senso è già stata preparata, ma il ministro delle infrastrutture e dei trasporti si propone di fare ulteriori interventi sul progetto. Il ministro incaricato della gestione del piano di ripresa ha deciso di farsi aiutare dalla Ragioneria generale dello Stato, che non è l’organo più adatto a questo scopo, perché la sua funzione è quella di controllare, non quella di gestire. C’è, quindi, un’incertezza di guida dell’amministrazione che potrà provocare ulteriori ritardi".

Quali consigli darebbe dopo questa prima fase?

"I problemi aperti sono molti. Un po’ di sano nazionalismo dovrebbe farci chiedere perché tanti indicatori segnalano che da un quarto di secolo l’Italia va indietro, invece di andare avanti. Bisogna fermare questo regresso. In secondo luogo, occorre ristabilire il principio della separazione dei poteri: i magistrati facciano i magistrati, e non occupino posizioni amministrative, né diventino capipopolo; il governo non abusi dei decreti-legge, che finiscono per gonfiarsi nel passaggio parlamentare, durante la conversione in legge".

E sul fronte esterno, quello delicato del rapporto con l’Europa?

"Che venga prestata una particolare attenzione al documento preparato dalla Commissione europea sulla “economic governance”. Esso prevede di agire sulla spesa primaria, di considerare un arco temporale di quattro anni, che può aumentare di ulteriori tre anni, di stabilire un dialogo individualizzato, tra commissione europea e singoli Stati, portando quindi la materia in un ambito bilaterale, con interventi “su misura”, procedure più chiare, ma anche con possibilità di influire maggiormente sulle decisioni nazionali. Il modello del piano di ripresa, ha quindi insegnato qualcosa in materia".