Mercoledì 24 Aprile 2024

La sconfitta di un leader senza strategia

Gabriele

Canè

a politica non è una scienza, ma un’arte". Se aveva ragione Bismarck, il Cancelliere di ferro della Prussia di fine ‘800, Giuseppe Conte non è un artista. Dunque nemmeno un politico, come si vede dai risultati. Pessimi per lui e per il Movimento, e rischiosi per il Paese che di rischi ne corre già abbastanza. E il tira e molla che l’avvocato del popolo ha organizzato fino all’astensione di ieri, e magari alla fiducia di domani, è la dimostrazione di quanto sia difficile quest’arte. Molto più difficile, ad esempio, di quella di governare. Il Conte di Palazzo Chigi, professore prestato da un giorno all’altro alle fatiche di governo, non se l’è cavata male. La rete di consiglieri, di direttori generali, di ministeri, sarà pletorica, anzi lo è, ma resta un binario, un ammortizzatore in cui muoversi e capace di attutire i contraccolpi. Come all’università: sei solo in cattedra, ma con alle spalle un senato accademico e un rettore.

Il Politico, o meglio il leader, soprattutto in un’epoca di dissoluzione dei partiti, e a maggior ragione nel Movimento che non vuol essere partito, è un uomo solo al comando. Peggio ancora: nel M5s è un uomo che quando ha compagnia è quella di Grillo, capace di materializzarsi per sostenere, ma anche per contraddire, ribaltare. Così lo "stratega" Conte, che prima arma le truppe contro Draghi alla ricerca dei voti perduti e poi cerca di frenare, finisce per non controllare più l’ira funesta che lui stesso ha alimentato. Risultato: si rimette la pochette, ma alla fine è un Di Battista che parla davanti ai microfoni per annunciare l’Aventino: non so cosa fare, dunque non voto. Se non ci fosse di mezzo il governo del Paese, sarebbe una comica. Così non fa ridere. Ogni problema ha tre soluzioni, diceva Platone: la mia, la tua, e quella giusta. Conte deve ancora decidere. Comunque vada, colpito e affondato.