Mamma Katherine scende le scale esterne dell’hotel Astor, proprio come fece sua figlia Kata alle 15.13 di quel 10 giugno. Quando le curve della rampa la mettono con la faccia verso le telecamere assiepate fuori, sembra che pianga. Nel sopralluogo, i familiari della piccola di cinque anni, scomparsa da tre mesi e mezzo dall’immobile occupato di via Maragliano a Firenze, più che prove cercavano sensazioni. E in un paio d’ore, caschetti in testa, in quei luoghi che hanno come inghiottito la bambina, guidati dal loro consulente, l’esperto ex Ris Luciano Garofano, e i loro legali, gli avvocati Sharon Matteoni e Filippo Zanasi, mamma e babbo devono aver provato diverse emozioni: "Ho ricordato alcune cose che ora non vi posso dire", spiega Katherine. Garofano invece si concentra su elementi che ancora non hanno la forma di indizi. "Non eravamo qui per le vie di fuga – conferma – ma per altri particolari che porteremo alla procura. Poi gli inquirenti decideranno se ascoltare nuovamente i genitori della bimba". Parla di "spunti interessanti per nuove analisi" ma non aggiunge nulla. L’immobile è sotto sequestro quindi potrebbe solo indicare zone da passare al setaccio agli inquirenti. Lo ha fatto per anni di passare ai raggi X le scene del crimine, lo rifà ora per cercare una bambina. Ieri era la prima volta, dopo lo sgombero del 17 giugno, che i genitori di Kata rientravano in quella che è stata la loro casa. Della bambina non hanno avuto più notizie, ma l’inchiesta, anche se con accelerate e bruschi rallentamenti, è andata avanti ogni giorno.
Gli zii – il fratello di Katherine, Abel Argenis, detto Dominique, ed Edgar Marlon, fratello minore di papà Miguel Angel – sono entrambi indagati per sequestro di persona. Sono stati raggiunti da un avviso di garanzia alla vigilia di un accertamento irripetibile iniziato ieri su una sostanza ematica repertata dai carabinieri sui rubinetti di tre stanze dell’Astor, tutte frequentate da Kata e a loro accessibili: la 104, al pian terreno, e la 201 e la 203 al primo piano.
Ed è tra questi livelli di quello che una volta era un albergo a tre stelle, a metà strada tra il centro e l’aeroporto di Peretola, che la delegazione, autorizzata dalla procura e scortata dai carabinieri, osserva, fotografa, filma. Dall’ultimo piano al seminterrato, da un angolo all’altro del cortile.
Di edifici da rompicapo, il generale Garofano ne ha visti tanti. Cogne, Perugia, Avetrana. Ma, deve ammettere, prima di infilarsi dentro il cancello che "questo è un mistero, è uscita, non è uscita, è ancora lì dentro?".
Un interrogativo che lascia affiorare quel dubbio di cui nessuno parla volentieri, ma che forse porterà gli inquirenti a tornare prepotentemente nel perimetro del’immobile, addirittura con reparti d’elite come i cacciatori di Calabria, carabinieri addestrati a scovare i nascondigli dei latitanti ma in zone impervie.
Prima di dare il via a questa operazione, i pm Luca Tescaroli, Christine Von Borries e Giuseppe Ledda, attenderanno i primi esiti di un altro accertamento irripetibile, quello su due trolley e un borsone che vengono portati fuori da tre persone (due cugine peruviane e un occupante rumeno) quel sabato dieci giugno, in orario successivo alla scomparsa di Kata.
Se in una di queste valigie ci fosse il Dna della bimba, sarebbe davvero la svolta. E la spiegazione al buio di decine di telecamere cittadine consultate senza esito. I primi riscontri potrebbero arrivare già nelle prossime 48 ore.