Mercoledì 24 Aprile 2024

La scelta di Matteo "Adottato in Italia ma mai accettato Ritorno in Africa"

Lo scrittore viveva a Milano: non mi sono mai sentito a casa "Dai compagni di scuola alla polizia, quante discriminazioni"

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di Marianna Vazzana

Il suo primo ricordo d’infanzia è la neve. "Quel giorno ero andato all’asilo in slitta". E già in questo aneddoto si concentra l’essenza di un’esistenza sempre oscillante. Tra il bianco e il nero. Tra l’Africa e l’Italia e viceversa. Una vita-ponte tra due estremi, come la sua pelle scura e il candore della neve. Ma a quale terra Matteo Fraschini Koffi sente di appartenere? Nato a Lomè, la capitale del Togo, il 10 luglio 1981, è stato adottato da una coppia di operatori umanitari quando aveva 9 mesi. È cresciuto a Milano, ma non si è mai sentito parte della metropoli. Così a 24 anni ha deciso di tornare in Africa per cercare la sua vera identità. Ha girato il mondo e ora vive nella sua città natale lavorando come giornalista freelance e scrittore. E ai suoi bimbi, una femminuccia che compirà 5 anni a novembre e un maschietto di 3, insegna a essere "cittadini del mondo".

Cosa l’ha spinta a tornare in Africa?

"Tanti sono i motivi. Non mi piaceva il modo di vivere occidentale, improntato al consumismo. Soprattutto: non mi sentivo davvero a casa a causa del razzismo. Ogni volta dovevo essere preparato a eventuali episodi spiacevoli, sentivo che poteva succedere qualcosa per il colore della mia pelle. E regolarmente succedeva. Durante un normale controllo in auto la polizia mi domandò se avessi rubato la macchina, prima di chiedermi i documenti. C’era chi mi dava monete vedendomi fuori da una chiesa pensando fossi un mendicante. Da ragazzo mi arrangiavo con tanti lavoretti e una volta, dovendo appendere volantini nei negozi, mi sentii dire ’non compriamo niente’. Arrivando all’aeroporto dopo un viaggio dalla Spagna a Firenze, sono stato l’unico a essere sottoposto ad accertamenti. Mi capita anche adesso, quando viaggio con i miei bambini: ci sentiamo dire ’ah ma avete proprio cognomi italiani!’".

Lo stesso sconcerto manifestato dalla pallavolista della Nazionale, Paola Egonu. Che cosa le direbbe?

"Di tenere duro, perché il problema non è certo lei. Ma la capisco, perché io stesso ho scelto di andarmene. Più che a lei direi qualcosa a certi italiani che ancora si permettono di fare commenti razzisti, a chi si stupisce che una persona dalla pelle nera possa essere italiana e parlare italiano. È successo anche a tantissimi altri, purtroppo, per esempio al dottor Andi Ngaso, che mentre era al lavoro al pronto soccorso di Lignano, in Friuli Venezia Giulia, ha subìto attacchi razzisti da un paziente".

Quali sono gli attacchi razzisti più pesanti che ha subìto a Milano?

"A scuola sono stato l’unico bambino dalla pelle scura all’asilo, alle elementari e alle medie. Poi mi sono iscritto al liceo scientifico e per la prima volta ho incontrato un altro africano. La prima offesa pesante fu ’adesso anche i neri vengono a scuola’, non detta in faccia ma alle spalle. Avevo 15 anni".

Come reagiva agli attacchi?

"Ci stavo male, soprattutto all’inizio. Mi chiudevo in me stesso. Poi ho iniziato a rispondere a tono. A una persona che mi ha chiesto ’ma come mai parli così bene l’italiano?’ ho risposto, indicando un mio amico che era con me ’me lo ha insegnato lui’. Ho usato l’ironia. Però ero stufo del razzismo quotidiano. A 22 anni ho iniziato a viaggiare, preparandomi a tornare in Africa. Sono grato ai miei genitori adottivi, ho vissuto in una bella famiglia, con tre fratelli, tra cui una sorella adottata in Colombia. Ma spesso i genitori adottivi non si rendono conto che adottando un bambino lo sradicano. Io mi sentivo fuori posto".

Così è tornato alle radici. Oggi come si sente?

"Mi sento bene. Impossibile risalire ai miei genitori biologici, non ci sono tracce. Ma in Africa sono a casa, qui voglio crescere i miei bambini. Loro parlano più lingue: italiano, francese, uolof (la lingua parlata in Senegal), portoghese. La loro mamma è metà ghanese e metà italiana. Viaggiano, sono cittadini del mondo".