La Russia adesso parla di trattativa Merito delle armi occidentali a Kiev?

Draghi in aula: svolta possibile perché l’Ucraina ha potuto difendersi. Gli analisti: la linea dura darà i suoi frutti

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di Alessandro Farruggia

Le armi occidentali, unite alla determinazione dei combattenti ucraini, stanno impedendo la vittoria di Mosca e spingono il Cremlino, seppure ancora con posizioni massimaliste, verso la trattativa. I segnali sono parecchi. Ieri c’è stato il primo colloquio telefonico, sollecitato da Washington, tra i capi di stato maggiore di Usa e Russia. Il primo dall’inizio della guerra. I generali Valery Gerasimov e Mark Milley, ha detto Mosca, hanno discusso una "serie di questioni di interesse, tra cui l’Ucraina". Il Pentagono ha confermato, sottolineando che i generali "hanno concordato di mantenere aperte le linee di comunicazione". Il Pentagono ha anche detto che "nonostante i successi delle forze ucraine a Kharkiv", l’esercito russo continua la pressione sul Donbass "dal quale sarà difficile scacciarlo".

Ma c’è dell’altro. "La Russia è pronta a tornare ai negoziati con l’Ucraina se Kiev esprimerà disponibilità a tornare anche lei al tavolo" ha detto ieri il viceministro degli Esteri Andrei Rudenko. "Non offriteci un cessate il fuoco – è stata la replica di Mikhailo Podolyak, consigliere di Zelensky per i negoziati – questo è impossibile senza il ritiro totale delle truppe russe". Resta il fatto che Mosca dà segnali di dialogo e la lettura occidentale – “filo Putin“ e pacifisti a parte – è che l’pertura è stata possibile grazie al sostegno militare a Kiev. "Se oggi possiamo parlare di un tentativo di dialogo – ha detto ieri Mario Draghi – è grazie al fatto che l’Ucraina è riuscita a difendersi" e dunque "l’Italia continuerà a sostenere il governo ucraino nei suoi sforzi per respingere l’invasione russa". Premesso che "dovrà essere l’Ucraina, e nessun altro, a decidere che pace accettare" ha sottolineato Draghi "l’Italia con i partner europei e gli alleati si muoverà per cercare ogni possibile mediazione" perché "è tempo di parlare di pace".

"Sono completamente d’accordo con Draghi – osserva il professor Vittorio Emanuele Parsi dell’università Cattolica di Milano – l’invio di armi è stato essenziale per impedire la vittoria russa. E lo è tuttora. Interrompere adesso l’invio delle armi sarebbe un crimine politico ed etico". "Putin – prosegue Parsi – capisce solo il linguaggio della forza. Ora serve misura nella trattativa. Non possiamo regalare a Putin quel che non è stato in grado di conquistare militarmente o i territori che ha scippato. Non possiamo consentire al rapinatore di uscire con il bottino dalla banca che ha rapinato".

"Non vi è alcun dubbio – concorda il generale Carlo Jean – che l’invio delle armi ha impedito una capitolazione dell’Ucraina. E’ stato necessario per trasformare una sconfitta annunciata in una guerra aperta e, forse, per portare la Russia a cominciare a trattare. Quando Mosca vedrà che non avanza più, tratterà. Il punto è, per avere cosa? Se vogliono condizioni che sarebbero una resa ucraina, ovviamente verranno respinte. Ma settimana dopo settimana credo che Mosca arriverà a proposte più ragionevoli". "In ogni caso – sottolinea – per arrivare ad una pace accettabile continuare il flusso di armi è essenziale, perché se i russi sanno che si interromperà o perderà di qualità, avranno tutto l’incentivo a continuare la guerra".

"La disponibilità russa – osserva la professoressa Serena Giusti della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa e dell’Ispi – sta maturando perchè sul campo le cose non stanno andando come sperava il Cremlino, sia per la determinazione ucraina sia per le sanzioni e il forte afflusso di armi a Kiev, tale da fare la differenza. Putin sente la pressione e se il campo non gli regala avanzamenti si ridurrà a trattare. Il cosa e il come è però ancora tutto da vedere". "La fornitura di armi – osserva l’analista Piero Batacchi della Rivista Italiana Difesa – è stata fondamentale per impedire che il Cremlino ottenesse quanto voleva. I russi sono tradizionalmente sensibili più che alla marce della pace, alla forza. Guardiamo alla storia. Nei primi anni 80 ritirarono i missili SS20 solo quando Craxi e il cancelliere tedesco Schmidt diedero il via libera l’installazione di Pershing e Cruise in Italia e Germania. Lo stesso potrebbe accadere adesso. Alla fermezza potrebbero pragmaticamente rispondere con la trattativa".