La rivoluzione della pillola in Italia. Così la maternità diventò una scelta

Cinquant’anni fa la Consulta fece cadere il divieto del contraccettivo. Dopo una stagione di cortei e proteste

Una manifestazione dei movimenti per i diritti femminili negli anni Settanta

Una manifestazione dei movimenti per i diritti femminili negli anni Settanta

Lunedì, martedì, mercoledì... tutti i giorni della settimana per 21 giorni al mese. Gli ultimi 7 pausa. Così la scienza è riuscita a dominare la Natura. E i confettini custoditi nel blister che riproduce il ciclo ormonale femminile, a garantire rapporti più sereni. Lontano di un decennio lo spettro dell’Aids, il concetto di ’sesso sicuro’ mezzo secolo fa era strettamente legato all’ansia di gravidanze indesiderate.

"Per questo oggi festeggiamo i primi 50 anni della pillola: la contraccezione legale ha dato alle donne la possibilità di poter autodeterminare le proprie scelte di maternità e la propria sessualità, in piena autonomia", spiega Mario Puiatti presidente dell’Associazione italiana per l’educazione demografica, lanciando una campagna di sensibilizzazione sulla maternità consapevole rivolta agli adolescenti. "Anche attraverso il cartone animato #lapillola50 e un dibattito online Blister21: nove ragazzi su 10 utilizzano infatti il web per avere informazioni sulla contraccezione", scuote la testa Puiatti, ricordando la data fatidica.

Il 10 marzo 1971 una sentenza della Corte costituzionale abroga l’articolo 553 del Codice Penale che vieta e punisce, anche con il carcere, l’utilizzo e la pubblicità "dei mezzi atti a impedire la procreazione", quelli ’non naturali’ dichiarati inaccettabili nell’enciclica Humanae Vitae di Papa Paolo VI datata 1968.

Nel 1972 lo Stato italiano acconsente alla vendita della pillola, solo dietro presentazione di ricetta medica, come farmaco curativo per disordini ormonali. Proibito, anche dopo la liberalizzazione e l’ok alla commercializzazione lo scopo reale, ogni tentativo di pubblicizzare la pillola, condannandola a una sorta di clandestinità ufficiale. Per aggirare l’ostacolo chi poteva permetterselo sceglieva di andare oltre frontiera senza passare dalle forche caudine del medico di famiglia per comprarla: da Milano bastava spostarsi a Chiasso.

Guardata con diffidenza anche dal movimento femminista – il movimento delle donne preferiva il diaframma, imperativo lo slogan "non farsi male alla salute" – la diffusione della pillola prende piede a partire dalla fine degli anni ’70: nel 1975 in Italia si assiste alla creazione dei primi consultori pubblici che ancora forniscono informazioni affidabili (con degli spazi riservati anche agli adolescenti) sul controllo delle nascite e dei diversi mezzi contraccettivi. "La legalizzazione della pillola segnò la storia del Paese e la vita di milioni di donne, consentendo una maternità libera e consapevole – interviene Eleonora Porcu, professore di Ginecologia all’Università di Bologna –. Ma sul suo utilizzo pesano ancora carenza d’informazione, diffidenza e tanti pregiudizi". Assunta nel mondo da oltre 100 milioni di donne, in Italia viene scelta solo dal 16% della popolazione fertile femminile, dato fra i più bassi in Europa. Strumento che ha contribuito a ridurre i tassi di aborto e cambiare la posizione delle lavoratrici, nel nostro Paese non è mai decollata.

Al di là dei motivi ideologici e religiosi, la sfortuna della contraccezione ormonale è legata alle controindicazioni: dalle più innocue (aumento di peso e cellulite) a vere e proprie patologie: "In primis, il tumore, eventualità controversa non sostenuta da prove evidenti - conclude la professoressa Porcu - . Ingrassare? Con gli anticoncezionali di nuova generazione è improbabile. In realtà la diffidenza verso la pillola ha radici nella paura verso l’ormone, che evoca qualcosa di inquietante. Dietro c’è mancanza di conoscenza, anche da parte dei medici stessi".