La rivoluzione a scuola si fa col merito

Elena

Ugolini

I motivi per cui è stato indetto sono sempre gli stessi: il mancato rinnovo del contratto, la mancanza di risorse per le scuole statali, la mancata stabilizzazione dei precari. Di un discorso più ampio sulla professionalità dei docenti non c’è traccia. È strano che nessuno si lamenti del fatto che in Italia non esista un codice deontologico dei docenti e non sia definito il loro stato giuridico, se non per un passaggio molto generico nel testo unico del 1994. Nessuno si lamenta del fatto che da sei anni i neo laureati non siano stati messi nelle condizioni di potersi abilitare (fatto salvo il concorso per le discipline scientifiche, bandito in urgenza la scorsa estate) e del fatto che, in assenza di concorsi regolari, si siano ingrossate le file dei precari. Rileggendo Henaff, si capisce perché abbiamo perso la bussola. Spesso si paragona la situazione dei docenti italiani a quella di altri Paesi, mettendo in evidenza il divario degli stipendi, ma ci si dimentica altre differenze: il carico orario settimanale, la progressione di carriera, le responsabilità. In Assia (Germania) un insegnante di scuola superiore ogni settimana svolge 26 ore di docenza (non 18 come in Italia) e altre 15 per programmazione, collegi, formazione, incontri con studenti e genitori. Se, come dice Henaff, "insegnare è al contempo un privilegio - grazie al rapporto costante con soggetti liberi - e una pesante responsabilità, perché la nostra influenza può cambiare delle vite", allora dovremmo cambiare prospettiva: trattare i docenti da professionisti, pagarli bene, valutarli in ingresso e valorizzarli in itinere, diversificare il contratto in base alle responsabilità affidate. Non è giusto considerare ore di lavoro solo quelle di cattedra. I docenti dovrebbero poter avere una propria scrivania a scuola per potersi fermare a studiare, lavorare con gli studenti, programmare con i colleghi. Non sono mai arrivati tanti fondi alle scuole statali e con il Pnrr arriveranno 18 miliardi di euro. Tra le riforme richieste ci sono anche quelle che riguardano i docenti. Cerchiamo di non essere timidi.