La rinascita di Britney senza il padre-padrone

Dopo 13 anni il genitore della popstar americana rinuncia alla tutela legale sulla figlia. E ora lei potrebbe tornare a cantare

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di Barbara Berti

Britney Spears verso la libertà: il padre Jamie, che da 13 anni esercita un ferreo controllo sui suoi beni finanziari, ha accettato di rinunciare al suo ruolo di tutore. Una svolta importante nel rapporto turbolento tra padre e figlia che si è trasformato in vicenda giudiziaria. "Un passo avanti verso la giustizia", ha esultato il nuovo legale della popstar, Mathew Rosengart, anche se Jamie non ha indicato la data in cui Britney potrà riprendere il controllo della sua vita.

"Risolte alcune faccende il signor Spears sarà nelle condizioni di farsi da parte", si legge nei documenti presentati in tribunale, nei quali si precisa: "Ma non ci sono circostanze urgenti che giustifichino una sua immediata sospensione".

Per l’ex stellina della Disney, che il 2 dicembre compirà 40 anni, il passo indietro del padre potrebbe essere l’inizio di una nuova vita. "Finché mio padre gestisce ciò che indosso, dico, faccio o penso non mi esibirò su nessun palco", aveva detto a luglio la cantante annunciando il suo ritiro (temporaneo) dalle scene. "Questa tutela ha ucciso i miei sogni" aveva sostenuto l’artista in un post su Instagram, spiegando ai fan come l’unica cosa che ora le rimanesse era la speranza di essere finalmente ascoltata dai giudici.

L’obiettivo della cantante era quello di mettere fine alla prigione psicologica e "abusante" a cui era – a suo dire – costretta ormai dal 2008, ovvero da quando suo padre aveva presentato al tribunale una petizione per ottenere la tutela legale sulla figlia, dichiarandosi preoccupato per la sua salute mentale. Quell’anno, infatti, la bambina prodigio aveva avuto un paio di clamorosi e pubblici crolli mentali. Così il padre era riuscito a convincere la Corte di sottoporre la figlia alla "custodianship", un istituto legale applicato usualmente a persone molto anziane o gravemente malate. La storia, raccontata nel documentario Framing Britney Spears, parla di un padre-padrone che nega alla figlia di disporre delle carta di credito, dei contanti, del telefono, del passaporto e negandole pure un pc. E, inoltre, controlla anche gli aspetti più intimi della vita della figlia come la scelta se avere un altro figlio (ne ha già due, ndr). Anche questo passo indietro appare come un modo per guadagnare punti davanti all’opinione pubblica visto anche che da tempo i fan della cantante conducono una campagna sui social network con l’hashtag #freebritney.

L’accusa sostiene che Jamie avrebbe usato impropriamente i soldi della figlia per arricchirsi, trattenendo una percentuale delle entrate che ammonterebbe a più di 2 milioni di dollari. Dietro l’insofferenza al giogo paterno, però, ci potrebbe essere davvero una fragilità – più volte mostrata sui social – di una bambina che a soli 11 anni si è ritrovata a gestire un successo più grande di lei costellato da problemi sentimentali e di droga. Tanto che nella documentazione inviata al tribunale, gli avvocati del padre scrivono: "Se le persone fossero a conoscenza di tutti i fatti loderebbero il signor Spears per il lavoro che ha svolto, senza diffamarlo".