Martedì 23 Aprile 2024

La ricetta di Claudio Descalzi: "Stati e imprese alleati, il futuro sarà green"

L’ad di Eni all’assemblea sulle fonti rinnovabili: essenziali le aziende "L’Europa sta dando l’esempio, ma occorre coinvolgere tutti i Paesi. Puntiamo sulla tecnologia che non può essere ostaggio dell’ideologia"

La Cop 28, la conferenza sul clima che si svolgerà a novembre a Dubai, deve "non solo fissare i target", ma "fare una grande apertura alla neutralità tecnologica, senza preclusioni" con "in mente l’obiettivo finale di abbattere la Co2". Così Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni, ai margini della XIII assemblea dell’Irena, l’Agenzia internazionale per le rinnovabili, ad Abu Dhabi.

Claudio Descalzi e Sultan Ahmed Al Jaber, ceo Adnoc
Claudio Descalzi e Sultan Ahmed Al Jaber, ceo Adnoc

L’assemblea dell’Irena ha ribadito il ruolo centrale delle rinnovabili e dell’idrogeno nella decarbonizzazione, per ottenere all’azzeramento al 2050 delle emissioni nette con uno step al 2030 attorno al -45%. Dalle analisi dell’agenzia guidata dall’italiano Francesco La Camera emerge però che entro il 2030 i Paesi puntano a raggiungere 5,4 TW di capacità installata di fonti rinnovabili, che è solo la metà dei 10,8 TW necessari a quella data per decarbonizzare il mix elettrico e rimanere in linea con lo scenario 1,5 °C. Serve quindi fare molto di più, anche per procedere alla progressiva eliminazione del carbone, che è il più inquinante. Le aziende del settore “oil e gas“ sono convinte che il gas, decarbonizzato con tecnologie come il recupero della Co2 emessa, possa avere per decenni una percentuale importante della generazione elettrica. Su questo alla Cop 28 di Dubai – nella quale con il processo del “bilancio globale“ si sancirà l’inadeguatezza degli impegni di riduzione presi finora e si chiederà agli Stati di fare di più – sarà battaglia tra chi vuole un approccio tutto rinnovabili e chi è per la “flessibilità tecnologica“ e non chiude le porte al gas e al nucleare.

Ingegner Descalzi, non è strano che un grande Paese produttore di idrocarburi come gli Emirati Arabi Uniti abbia un ruolo trainante nella lotta ai cambiamenti climatici, ospitando la Cop 28?

"Gli Emirati stanno lavorando da molto tempo sulle rinnovabili e la decarbonizzazione. Sono stati tra i primi a sviluppare le rinnovabili, sono nell’idrogeno, sono nella cattura della Co2. Sono nei processi di produzione di vettori verdi, ma anche nella decarbonizzazione dei processi industriali. Il significato di questo loro attivismo è importante perché le attese sono di avere una Cop 28 che, oltre a parlare dei target, perché è importante parlare dei target, discuta anche del come si raggiungono questi target, quali sono gli investimenti, quali sono le attività, chi le fa, perché se non decliniamo tutto il sottostante dei target continuiamo a parlare di qualcosa che è monodimensionale. E invece bisogna dare profondità. Io credo che Abu Dhabi voglia creare quegli elementi di quel percorso che arrivi alla Cop 28 dando un contributo di concretezza".

L’inviato americano per il clima John Kerry ha detto che gli Stati non hanno le risorse per fare gli investimenti necessari e che occorrerà coinvolgere le imprese, che le risorse le hanno.

"Il ruolo delle aziende è essenziale quasi come quello degli Stati. La decarbonizzazione è un fatto globale, non può appartenere solo agli Stati. Detto questo, l’impegno deve appunto essere globale. L’Europa sta dando l’esempio, ma serve uno sviluppo di policy che esca dai confini europei e diventi cultura di tutti gli altri Stati, specialmente quelli che emettono molto. Perché è chiaro che un continente come l’Africa, che emette il 3% e ha una popolazione pari a tutti i Paesi Ocse, deve essere solo aiutato tecnologicamente, mentre gli altri Paesi, ciascuno a suo modo, devono contribuire alla decarbonizzazione".

Anche con una carbon tax, una tassa sulle emissioni di carbonio?

"La carbon tax, l’Ets, oggi la facciamo solo in Europa. È un peso per le nostre società, ma è un giusto stimolo per sviluppare quelle tecnologie come la cattura della Co2, che hanno un costo, ma offrono un’alternativa alla carbon tax. Secondo me la Cop 28 deve riuscire non solo a coinvolgere ogni Stato su obiettivi ambiziosi, non solo dare a ogni stato la libertà di definire i suoi percorsi, ma anche riuscire a trovare una convergenza tra tutti gli Stati sulle policy, su una grande apertura alla neutralità tecnologica, con la tecnologia che non deve essere ostaggio di un’ideologia. L’obiettivo dev’essere di abbattere il contenuto di Co2, arrivare a prodotti verdi. Serve una maturazione che dev’essere globale con una convergenza di società, Stati e politica sull’obiettivo finale che è la decarbonizzazione".

Certo è che la nomina a presidente Cop 28 di Sultan Ahmed Al Jaber, l’amministratore delegato della più grande grande compagni petrolifera emiratina, l’Adnoc, è una scelta che fa discutere…

"È vero che Adnoc è una grande azienda petrolifera, ma anche una grande azienda tecnologica, che ha nel suo seno un grande azienda di rinnovabili, la Mazdar che è stata fondata da Adnoc circa 15 anni fa. Quindi ha dentro di sé tantissime componenti tecnologiche già implementate per la decarbonizzazione e per le energie rinnovabili in senso lato. A mio avviso questa nomina ha un grande senso".

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