Mercoledì 24 Aprile 2024

Piero Pelù, l’ultrasinistra diversa: "La Resistenza si fa con le armi"

Il cantautore al debutto del tour di addio dei Litfiba scatena il pubblico sulle note di "Bella ciao". "Non ci si può girare dall’altra parte. Dal nazifascismo ci salvammo coi fucili mandati dagli Alleati"

Piero Pelù, 60 anni, da sempre impegnato per i diritti civili

Piero Pelù, 60 anni, da sempre impegnato per i diritti civili

Padova, 28 aprile 2022 - "Resistenza ieri, ora e sempre ovunque necessario", dice Piero Pelù tingendo di impegno la festa di popolo de L’Ultimo Girone, il tour d’addio dei Litfiba portato al debutto due sere fa a Padova scatenando il pubblico sulle note di Bella ciao, puntando il dito su "TrumPutin", dittatori asiatici e ayatollah iraniani, recuperando quella Sparami scritta 25 anni fa per i palestinesi, ma ancora drammaticamente attuale per l’Ucraina. "Davanti a una realtà devastante come quella che stiamo vivendo rimanere in una bolla non mi sembrerebbe onesto", spiega. "Anche a costo di gelare qualche sorriso, penso sia il ruolo dell’artista essere attaccato alla realtà e non solo al suo piccolo mondo".

Lei come la vede?

"Rispetto il punto di vista di tutti. Dei pacifisti “puristi“ come di chi non si vuole far mettere i piedi in testa. Nonostante avessi il nonno fascista, ho sempre celebrato il 25 Aprile perché credo nei suoi valori. Quindi Resistenza e Bella ciao tutta la vita".

Giusto inviare armi agli ucraini?

"Se servono, sì. Ci sono periodi della storia in cui l’uomo o accetta di farsi cancellare o resiste. Dal nazifascismo ci siamo salvati grazie alla Resistenza, alle centinaia di migliaia di partigiani morti in tutta Europa impugnando armi fornite anche dagli Alleati. Se non fosse andata così, difficile immaginare il mondo in cui vivremmo oggi".

Pure ai vertici dell’Anpi c’è un po’ di confusione sul tema.

"Divisione comprensibilissima. Sono obiettore di coscienza dal 1983 e sono sempre stato contro l’uso delle armi e la violenza, ma dopo due mesi di massacri come fai a voltarti dall’altra parte? Pacifisti sì, masochisti no".

A suo avviso, come sta reagendo il mondo dell’arte a quanto accade in Ucraina?

"Il concerto organizzato a Bologna da La Rappresentante di Lista con Morandi e Zen Circus è stato un buon segnale. Pure io sto cercando di coinvolgere in qualcosa Luciano (Ligabue, ndr), che al momento, però, non dà grossi feedback".

Nel 1999 il benefit Il mio nome è mai più realizzato con Jovanotti e Ligabue contro la guerra nella guerra nella ex Jugoslavia fece scalpore.

"Si rivelò un’esperienza unica. Sarebbe bello poter dare un apporto pure in quest’occasione. Nel mondo ci sono 53 guerre e milioni di profughi, volendo fare qualcosa ci sarebbe purtroppo solo l’imbarazzo della scelta".

Jovanotti dice che non avrebbe senso perché i dischi oggi non si vendono più.

"Il mondo della musica è talmente cambiato che sperare di fare un’operazione come quella – capace di consegnare 1,5 miliardi di lire nelle mani di Gino Strada in tre mesi, consentendo l’apertura di tre ospedali da guerra – sarebbe impensabile. Con la musica liquida è più complicato raggiungere certi risultati".

Resistenza è pure gridare "fuck Putin" come i Maneskin al Coachella Festival?

"Damiano ha 23 anni, se gli va di dire “Fuck Putin“, lo faccia. Nella mia ottica libertaria mandare a quel paese un dittatore fa sempre bene. Anche se non c’è solo Putin, ma pure Erdogan, Xi Jinping e tutti gli altri".