La regista e i ricatti sessuali "Il MeToo ha svelato la verità Ma non amo le denunce tardive"

Cinzia TH Torrini: non mi sono simpatici né i carnefici né le vittime che hanno tratto vantaggi "Si può dire di no anche a costo di farsi sorpassare da altre, così poi il successo sarà solo tuo"

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di Giovanni Bogani

(Belluno)

Ospite di Cortinametraggio, il festival di cortometraggi più importante d’Italia, Cinzia TH Torrini racconta se stessa: la storia di una regista donna che ha saputo affermarsi, con tenacia e determinazione, in un mondo del cinema tutto al maschile, in cui di registe donne in Italia si parlava solo di Lina Wertmuller e Liliana Cavani.

Cinzia TH - nessuno saprà mai il segreto di quelle due lettere - parla di cinema, del ruolo delle donne oggi e ieri. E anche del #MeToo. Con una posizione che potrà sembrare spiazzante, ma che invece è molto rigorosa.

Che esperienza sta vivendo in questo festival?

"Sono felice di immergermi nei lavori di giovani cineasti. Senti quasi di toccare con mano il cinema del futuro".

È stata dura per lei, donna, affermarsi nel cinema all’alba degli anni Ottanta?

"Il primo ostacolo è stato mio padre. Mi diceva sempre ‘devi realizzare te stessa’: ma quando gli ho detto che avrei voluto fare il cinema mi ha detto ‘ma devi farti una famiglia!’… Poi, dopo una scuola di cinema in Germania, la stessa che aveva fatto Wim Wenders, realizzai il primo cortometraggio, sull’ultimo barcaiolo del fiume Arno. Quando mi vide intervistata, si convinse che forse dopotutto era una cosa seria".

Poi ha diretto anche troupe di 150 persone, come in "Hotel Colonial" con Massimo Troisi, o grandi macchine produttive come "Elisa di Rivombrosa". È stato difficile imporsi?

"Ho imparato molto bene le cose ‘tecniche’, e questo mi ha difeso. Anche essere piccola, e non appariscente, mi ha messa al riparo da certe ‘attenzioni’ che non avrei voluto ricevere. Ce l’ho fatta, senza chiedere mai niente a nessuno. E ne sono orgogliosa".

A proposito di questo. Il movimento #MeToo ha davvero cambiato qualcosa nel mondo dello spettacolo?

"Ha avuto il merito di sollevare un problema, di fare luce su una prassi che è sempre esistita, e che è ovviamente sbagliata. Ma ci sono delle cose che non mi convincono".

Quali?

"Io sono una persona molto chiara, molto sincera. E quindi, potrà sembrare impopolare ma lo dico: certe volte ci sono persone che hanno usufruito di questo sistema, che ne hanno tratto vantaggio. E che, anni dopo, denunciano di avere subito violenze, ricatti, molestie. E di essere state costrette a subirle".

"Ricordi" che riaffiorano alla coscienza in modo un po’ strano…

"Beh, in certi casi si tratta di persone che hanno approfittato di quel ‘patto’ non scritto. Che non hanno detto di no. E invece, nella maggior parte dei casi, si può dire no. Si può rifiutare. Accettando di veder passare avanti qualcun altroaltra per quel ruolo, quella parte, quella opportunità di lavoro. Ma se hai detto di sì, se vieni a patti con la tua coscienza, e ne trai un vantaggio, è troppo facile, dopo, liberarsi la coscienza con delle recriminazioni o delle accuse".

I rapporti di potere e di ricatto che si possono instaurare non sono giusti.

"No, certo che no. Ci sono situazioni in cui alcune carriere dipendono da un ‘ci sta’ o ‘non ci sta’. Rispetto molto chi non ha accettato di farsi ‘aiutare’. In generale, se ce la fai senza chiedere a nessuno ti senti una libertà tutta diversa, quella di non dover dire ‘grazie’. Però ti trovi anche isolato o isolata, senza protezioni. E quindi sei costretto a dimostrare il tuo valore al massimo, a dare sempre il centodieci per cento".

Quindi chi è che non ha la sua simpatia?

"Non hanno la mia simpatia né le vittime che traggono vantaggio, né i carnefici che sfruttano le loro posizioni di potere approfittando di un sistema sbagliato, che grazie al #MeToo è venuto alla luce e che ancora con mille difficoltà, soprattutto in Italia, è stato finalmente portato alla luce. Però, anche se posso apparire impopolare, non trovo giusto che chi ne ha tratto vantaggio poi accusi, punti il dito. Mi è difficile avere simpatia con le cosiddette vittime che hanno avuto vantaggi dalla loro situazione e dai compromessi che hanno accettato: e che poi, magari dopo anni, tirano fuori le loro recriminazioni".