Venerdì 19 Aprile 2024

Frankie Dettori: "La Regina mi ha nominato cavaliere. Ma io resto italiano e repubblicano"

Il re dei fantini è una star anche fuori dagli ippodromi. "Con Elisabetta condivido la passione per i cavalli"

La Regina Elisabetta con Frankie Dettori

La Regina Elisabetta con Frankie Dettori

 

Non è semplice per un fantino, seppure ormai una crack jockey, diventare una star internazionale. A lui, Gianfranco Frankie Dettori, è riuscito. Nel passato si contano sulle dita di una mano personaggi che abbiano avuto altrettanta fama nel mondo dell’ippica. Certamente Fred Archer nell’Ottocento inglese, Tod Sloan negli Stati Uniti all’inizio del Novecento, l’altro americano Steve Cauthen, il francese Yves St Martin, l’inglese Lester Piggott, il baronetto. E poi lui, Frankie, i cui geni attitudinali sono strettamente legati a quelli del padre Gianfranco che a San Siro e in tutti gli ippodromi italiani era chiamato "il mostro". Per la sua bravura in pista, ovviamente. Ma Frankie, è andato oltre, diventato una leggenda dell’ippica e una star anche fuori dagli ippodromi.

Lei ha avuto vari riconoscimenti internazionali, naturalmente anche in Inghilterra.

"È vero".

Direttamente dalla regina Elisabetta?

"Sì, sono stato nominato Cavaliere dell’Ordine dell’Impero Britannico per meriti sportivi. Era inevitabile che accadesse (sorride). Come sappiamo, la regina è una grande appassionata di cavalli da corsa e lei stessa possiede una scuderia storica".

Il suo collega Lester Piggot, però, fu nominato Baronetto...

"Buon per lui".

Che impressione le ha fatto ricevere quell’attestato dalla mani di un personaggio tanto importante e celebrato?

"Avevo già incontrato la regina in altre occasioni quando aveva voluto complimentarsi con me dopo importanti vittorie ottenute ad Ascot o a Epsom o a Newmarket. È una donna molto gentile. Le si illuminano gli occhi quando può parlare di cavalli".

Frankie, lei vive da molti anni a Newmarket dove ha sposato l’inglese Kathryn, e ha avuto cinque figli….

"Già tutti fidanzati!"

La domanda è un’altra: dopo una vita vissuta nel Regno Unito quanto si sente ancora italiano?

"Al cento per cento".

Quindi si sente più repubblicano che monarchico….

"È una cosa diversa. In Italia la repubblica è un’istituzione ancora recente, nata dopo una guerra civile e un referendum che a suo tempo spaccò in due il Paese. In Inghilterra la monarchia è la vita di tutti i giorni, è la vita di tutti, da sempre. Ecco perché il movimento repubblicano qua è irrilevante".

Vota wigh o tory?

"Non voto. Valuto soltanto i comportamenti dei partiti. Ad esempio, sono stato molto ostile alla Brexit e sono ancora contrario a questa scelta, che infatti ci sta creando molti problemi. E tanto più ne crea a me che devo spostarmi nei vari Paesi del mondo per motivi professionali".

Domenica, dopo avere vinto la Dubai World Cup, Dettori è rientrato in Toscana per partecipare al premio "Pisa", lo storico Gran Premio che si disputa ogni anno, dal 1885, a San Rossore. E, manco a dirlo, ha vinto. Cosa significa questo successo?

"Ha significato moltissimo, più di quanto il pubblico possa pensare. È una questione di sentimento, diciamo pure di nostalgia. Io ho praticamente iniziato la mia carriera nelle scuderie della società di corse Alfea fra Barbaricina e San Rossore. Giunsi qua a 14 anni per cercare di imparare il mestiere. L’allenatore si chiamava Tonino Verdicchio, l’artiere che mi seguiva ogni giorno era Pietro Moretti che tutti chiamavano Cipolla. Tornando a San Rossore ho ritrovato tanti vecchi amici di allora, che erano ragazzi come me".

Dai tempi di Cipolla ne ha fatta di strada…

"Molta, lo riconosco, sia pure con alterne fortune come sempre accade nella vita di ogni uomo, io credo".

Lei ha 52 anni, Camici montò fino a 57, Piggot fino a 58. Qual è la sua dead line. Poi pensa di fare l’allenatore?

"Non mi sono posto alcun limite. Ed è certo, comunque, che non farò l’allenatore: non ho la pazienza giusta per fare quella professione".