Mercoledì 24 Aprile 2024

La regina del tennis smette a 25 anni: ora vivo

Annuncio a sorpresa della Barty: "Ho dato tutto, voglio seguire i miei sogni". Dalla Garbo a Borg, le stelle che si sono ritirate presto

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di Doriano Rabotti

Potremmo chiamarla la ’sindrome di Alessandro Magno’, come la disegnò a parole Roberto Vecchioni tanti anni fa. Quella che ti prende quando hai conquistato tutta la terra possibile, guardi il mare e ti senti vuoto perché capisci che hai finito gli obiettivi, che non c’è niente di più verso cui puntare.

È difficile pensare che Ashleigh Barty, tennista australiana che a 25 anni ha deciso di ritirarsi da numero uno al mondo, abbia mai ascoltato il nostro professore della canzone d’autore. Può darsi che abbia studiato la storia antica, chissà. Di sicuro da ieri è entrata nel ristretto club di chi decide di mollare tutto quando si trova all’apice del successo. Non è la prima, non sarà l’ultima, non solo nello sport. Ma ovviamente la sua scelta lascia nell’aria un gigantesco punto interrogativo, soprattutto in tutti coloro che vorrebbero essere al suo posto. Nel senso del numero uno, non del ritiro.

Perché si lascia quando si è al massimo? La risposta più banale e qualunquista sarebbe: perché uno se lo può permettere. Ma sarebbe anche sbagliata.

Lei ha dato una spiegazione comprensibile: "Ho dato tutto quello che avevo per questo sport, ora voglio inseguire altri sogni", ha scritto su Instagram. Aggiungendo: "Sono così felice, mi sento pronta e consapevole. So che è la scelta giusta per me come persona. Sono grata al tennis, che mi ha fatto realizzare tutti i miei sogni, ma so che è arrivato il momento di lasciare la racchetta e inseguire altri sogni. Ci stavo pensando da tanto tempo". Qualcuno collega la decisione anche a una visita recente ad Ayers Rock, il gigantesco monolite considerato sacro dagli aborigeni.

La Barty ha anche spiegato che aver vinto Wimbledon l’anno scorso dopo averlo desiderato così a lungo ha iniziato a spostare qualcosa, e prendersi l’Australian Open in casa le ha dato il senso di una missione compiuta: "La mia felicità non dipendeva più dai risultati. Il successo, per come lo definisco io, è sapere di aver dato tutto quello che potevo dare. Qualcuno magari non capirà, e lo comprendo. Ma per me, Ash Barty, ci sono tanti sogni che non includono il viaggiare per il mondo per giocare a tennis, lontana dalla mia famiglia e dalla mia casa".

È una grossa differenza rispetto ad altri campioni, molti dei quali tennisti perché si vede che lo sport più ferocemente individualista del mondo spreme più di altri: negli ultimi anni lo fecero le colleghe della Barty Justine Henin e Kim Clijsters, ma prima ancora il mito Bjorn Borg disse basta a 26 anni, ed era al top come il campione di nuoto Mark Spitz che smise a 22, dopo aver vinto 7 medaglie d’oro con 7 record del mondo alle Olimpiadi del ’72. Tutti erano ormai spremuti mentalmente, tutti non sapevano quale terra poter conquistare oltre quel mare che avevano messo tra loro e il resto del mondo.

Non come André Agassi, che nella sua famosissima autobiografia ’Open’ raccontò di essere arrivato a odiare il tennis. Un po’ come Greta Garbo che volle sparire dopo l’insuccesso del film ’Non tradirmi con me’, nel 1941, a soli 36 anni. Ma qui il caso è diverso, somiglia più all’addio clamoroso di Nico Rosberg, che nel 2016 subito dopo aver vinto il mondiale di Formula Uno a 31 anni salutò la compagnia, come avevano fatto prima di lui Alain Prost al terzo mondiale, come Michael Jordan dopo tre anelli Nba consecutivi, come altri che seppero scegliere il momento giusto per restare nella memoria come i migliori (soprattutto quelli che hanno saputo resistere alla tentazione di tornare).

A sensazione, la Barty non lo farà, l’errore di riprovarci.