Mercoledì 24 Aprile 2024

La ragazza che ha ballato con i lupi "Io li conosco: non sono così cattivi"

La zoologa Mia Canestrini e i dieci anni di studio nei boschi sull’Appennino. "Una passione nata fin da bambina"

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di Simone Arminio

C’è una foto di Mia Canestrini – zoologa bolognese (e un po’ romagnola, di Bagno di Romagna, per parte di padre), 40 anni quest’anno – in cui accovacciata per terra in montagna tiene in braccio un cucciolo di lupo, e lo allatta con un biberon. Era cinque anni fa. La ‘Ragazza dei lupi’, come recita il titolo del suo primo libro edito da Piemme, oggi non vive più sui monti, ma gira l’Italia a fare la divulgatrice scientifica. Per tutti, però, e forse un po’ anche per lei, rimarrà sempre la 27 enne che nel 2009 ha accettato di andare a vivere per dieci anni da sola in mezzo al bosco, a Montecagno, sull’Appennino reggiano, per vedere da vicino un lupo com’è.

Canestrini, oggi può dirlo: ma chi glielo ha fatto fare?

"Non è stata una scelta, ma una necessità. Avevo vinto un concorso per lavorare al mio primo progetto scientifico sul lupo. Faceva parte del progetto il doversi trasferire nel Parco Nazionale che ospitava il progetto".

I suoi genitori si saranno preoccupati.

"Erano felici di vedermi entrare nel mondo del lavoro. E un po’ perplessi, è vero, per la location".

Descriviamola.

"Boschi, alberi, lupi. Un’ora e mezza dal primo casello autostradale, 45 minuti dal primo ospedale o supermercato. Inverni lunghi otto mesi, temperature artiche e vita sociale pari a zero".

Oggi ci tornerebbe?

"A lungo andare mi è pesato. Ma all’inizio c’era tutta l’esaltazione del primo incarico professionale, nell’ambito che ho amato fin da bambina".

Ecco, allora, torniamo indietro. Come si diventa lupologa?

"La passione che coltivo da quando sono nata è per la zoologia. I lupi sono arrivati dopo, diventando la mia specialità".

E cos’hanno di speciale?

"Non sono mai scontati. Sono problematici, occupano tutti gli spazi e generano grandi e continui conflitti con gli allevamenti e con le comunità locali. Non permettono insomma mai di annoiarti: devi lavorare 365 giorni all’anno su di loro e sulla loro salvaguardia. Impossibile non amare la faccenda".

I lupi sono cattivi, così dicono le fiabe.

"Prima della tv le cose si raccontavano usando ciò che si aveva a disposizione. Bisognava educare i bambini ai buoni comportamenti e a una certa condotta morale, e la natura forniva i personaggi e i palcoscenici ideali per farlo".

Qualcuno deve pur farla la parte del cattivo, no?

"Il lupo peraltro, da predatore si prestava benissimo. Poi negli anni la cosa è un po’ sfuggita di mano agli sceneggiatori".

Ma cosa c’è di vero?

"I lupi in preda alla rabbia o semplicemente morti di fame, qualche vittima nella nostra specie, nei secoli l’hanno fatta. Ma da lì a credere che siamo le loro prede preferite ce ne corre".

Eppure stavamo quasi per farli estinguere. Oggi quanti sono?

"Circa duemila in Italia, appartenenti per la maggior parte alla sottospecie italica, più qualche caso documentato nelle Alpi orientali di incrocio con i lupi europei provenienti dai Balcani".

E dove sono, questi lupi?

"Ormai ovunque, con densità importanti in Appennino".

In tanti li segnalano persino al mare, ad esempio in Riviera romagnola.

"Confermo. D’altronde i lupi sono animali opportunisti e intelligenti, e sono in grado di occupare qualunque ecosistema, inclusi quelli urbani".

Non sarà anche un problema di cambiamenti climatici?

"No. È solo il segno della loro proverbiale adattabilità".

Però qualcosa in loro è cambiato. Ad esempio hanno meno timore a mostrarsi all’uomo.

"Stanno capendo che non siamo più un pericolo per la loro sopravvivenza. Ma non diventeranno mai davvero socievoli con noi. Semplicemente meno schivi".

Lei quando lo ha incontrato per la prima volta?

"A 25 anni, sulle colline di Bologna. Era una femmina con un branco di cuccioli. Mi sono tenuta a distanza e col binocolo mi sono goduta quel quadretto".

Insomma non balla coi lupi, anche se sarebbe un facile titolo.

"No, e sento che mi è stato cucito addosso un costume da Mauro Corona con le trecce che non mi piace molto. Anche se da piccola non ho mai giocato con le bambole e i peluche come tradizione vorrebbe. Sono cresciuta in montagna, con gli animali in carne e ossa, la natura e i pascoli. Poi il mio primo cane, e i primi cavalli. E quelli che non potevo vedere dal vivo li divoravo nelle enciclopedie e sui libri di animali. Poi a un certo punto è arrivato La mia famiglia e altri animali di Gerald Durrell..."

Un’epifania?

"Avevo solo otto anni, ma ho capito che la curiosità morbosa che nutrivo per gli animali aveva una base scientifica, che poteva diventare un mestiere. Ed eccomi qui".