di Simone Arminio C’è una foto di Mia Canestrini – zoologa bolognese (e un po’ romagnola, di Bagno di Romagna, per parte di padre), 40 anni quest’anno – in cui accovacciata per terra in montagna tiene in braccio un cucciolo di lupo, e lo allatta con un biberon. Era cinque anni fa. La ‘Ragazza dei lupi’, come recita il titolo del suo primo libro edito da Piemme, oggi non vive più sui monti, ma gira l’Italia a fare la divulgatrice scientifica. Per tutti, però, e forse un po’ anche per lei, rimarrà sempre la 27 enne che nel 2009 ha accettato di andare a vivere per dieci anni da sola in mezzo al bosco, a Montecagno, sull’Appennino reggiano, per vedere da vicino un lupo com’è. Canestrini, oggi può dirlo: ma chi glielo ha fatto fare? "Non è stata una scelta, ma una necessità. Avevo vinto un concorso per lavorare al mio primo progetto scientifico sul lupo. Faceva parte del progetto il doversi trasferire nel Parco Nazionale che ospitava il progetto". I suoi genitori si saranno preoccupati. "Erano felici di vedermi entrare nel mondo del lavoro. E un po’ perplessi, è vero, per la location". Descriviamola. "Boschi, alberi, lupi. Un’ora e mezza dal primo casello autostradale, 45 minuti dal primo ospedale o supermercato. Inverni lunghi otto mesi, temperature artiche e vita sociale pari a zero". Oggi ci tornerebbe? "A lungo andare mi è pesato. Ma all’inizio c’era tutta l’esaltazione del primo incarico professionale, nell’ambito che ho amato fin da bambina". Ecco, allora, torniamo indietro. Come si diventa lupologa? "La passione che coltivo da quando sono nata è per la zoologia. I lupi sono arrivati dopo, diventando la mia specialità". E cos’hanno di speciale? "Non sono mai scontati. Sono problematici, occupano tutti gli spazi e generano grandi e continui conflitti con gli allevamenti e con le comunità locali. Non permettono insomma mai di annoiarti: devi ...
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