Giovedì 25 Aprile 2024

La prossima imposta? Sulla paghetta

Viviana

Ponchia

Le mance, sì. E poi anche l’elemosina. La paghetta dei figli. Le monete nel salvadanaio. Quei venti euro rifilati per Natale al custode (che spilorci però, meritereste di pagare voi). Le tasse corrono dietro ai soldi, non stupitevi di niente. Anzi più che ai soldi corrono dietro a noi, che passiamo la vita in uno stato di stupore e di spavento. Si attaccano a tutto ciò che possediamo e anche alle intenzioni (resto in affitto, c’è nell’aria l’Imu sulla prima casa). Ci terrorizzano da vivi e ci perseguitano da morti togliendoci il rimpianto di chi resta e deve saldare al posto nostro. C’è sempre una Tasi del 2016 pronta a rovinarci il presente. Nei sotterranei dell’erario squadroni di gnomi lavorano giorno e notte per tenderci agguati. Ci sono loro dietro la busta dell’Agenzia delle entrate o la notifica via Pec, molto più subdola della vecchia raccomandata.

Ma è una perversione globale, ogni nazione ha in canna la sua fantasia malevola. Nel 2018 l’Uganda ha introdotto una tassa da 5 centesimi sui social media. Per carità, può starci. Ma il motivo è sorprendente: così il governo può far fronte alle conseguenze del pettegolezzo. Se fate scalo all’aeroporto Maiquetia di Caracas preparate 20 euro: è la gabella sul respiro per compensare il sistema di filtraggio dell’aria. Negli Stati Uniti sono tassati anche furti e tangenti (ossimoro geniale). In Svezia i nomi scomodi dei bambini, per evitare l’inflazione delle piccole Ikea. Per Google e Lego invece non si paga.