La prof trans e il suicidio annunciato "Adesso sono finalmente libera"

L’ex docente di fisica Luca Bianco, diventata Cloe, si è tolta la vita dando fuoco al camper dove viveva. Nel 2015 aveva fatto outing a scuola e l’avevano sospesa. L’addio sul blog: "Buon cibo, vino e finisce qui"

di Riccardo Jannello

AURONZO DI CADORE (Belluno)

Non ha mai scritto la parola suicidio, anche se alla fine Luca Bianco, o meglio Cloe, insegnante di fisica, transgender, la cui condizione l’aveva fatta trasferire dall’aula alla segreteria della sua scuola perché non fosse cattivo esempio per gli studenti, l’ha fatto. Si è uccisa, come aveva promesso e annunciato nel suo "ultimo giorno", ma ha voluto usare nel messaggio estremo sul blog che teneva e dove denunciava le vessazioni un termine psicologico aulico e terribile: autochirìa. Una "libera morte" (sono ancora le sue parole) che ha messo in atto in modo tragico, dando fuoco al camper dove viveva all’ex miniera dell’Argenteria, fra Auronzo e Misurina, e nel quale il suo scheletro incenerito è stato trovato sabato sera. Manca solo la conferma del Dna, ma tutto fa pensare che si tratti proprio di Cloe, 50 anni, ex docente veneziana di Marcon che aveva fatto un outing "troppo rapido per preparare la sua scolaresca" per colpa del quale il Tribunale del Lavoro di Venezia non l’aveva rimessa in cattedra. Luca in una mattina del 2015 si era presentata all’istituto di San Donà di Piave in abiti femminili: "Da oggi chiamatemi Cloe" aveva detto a studenti e colleghi. Minigonna, caschetto biondo, trucco pesante. Apriti cielo e carriera finita. Una studentessa arrivata a casa aveva pianto parlando di quello che era avvenuto a scuola tanto che il padre scrisse all’assessore regionale all’Istruzione, Elena Donazzan. Ne derivarono tre giorni di sospensione e poi la segreteria dopo la sconfitta nell’aula di tribunale, al quale Luca-Cloe era ricorsa speranzosa di fare accettare le sue condizioni agognate da quando aveva 5 anni. Aveva scritto un libro, "PERsone TRANSgenere. Manifesto e Progetto della dignità e dei diritti delle persone transgenere in Italia", e aperto un blog, "PersoneTrangenere", nel quale raccontava le discriminazioni di chi era nelle sue condizioni, riversando in quegli scritti tutta la sua frustrazione: "’Io sono brutta, decisamente brutta, sono una donna transgenere. Sono un’offesa al mio genere, un’offesa al genere femminile. Non faccio neppure pietà, neppure questo".

Una continua escalation di depressione nei suoi post fino a quella "liberazione" del dieci giugno culminata con l’annuncio che qualcuno temeva: autochirìa, libera morte. "In quest’ultimo giorno – spiegava nel post di addio nel quale ha riprodotto il testamento olografo – ho festeggiato con un pasto sfizioso e ottimi nettari di Bacco, gustando per l’ultima volta vini e cibi che mi piacciono. Questa semplice festa della fine della mia vita è stata accompagnata dall’ascolto di buona musica nella mia piccola casa con le ruote, dove ora rimarrò. Ciò è il modo più aulico per vivere al meglio la mia vita e concluderla con lo stesso stile. Qui finisce tutto. Addio". "Una storia di sofferenza, emarginazione, diritti negati e solitudine – scrive il ministro per i Rapporti col Parlamento, Federico D’Incà – che nessuno è stato in grado né di capire né di risolvere attraverso il sostegno e la comprensione di cui Cloe aveva chiaramente bisogno". "Cloe – dice il Circolo Tondelli Lgbti – non era affatto una donna brutta, aveva solo bisogno di amore e riconoscimento come tutti noi". La Procura ha disposto l’esame del Dna e l’autopsia sulle povere ossa.