Giovedì 25 Aprile 2024

La privacy? Ma tutti sanno tutto di noi

L'editoriale di Michele Brambilla

L'editoriale di Michele Brambilla

Qualcuno ricorderà senz’altro 'La finestra sul cortile', un grande film di Alfred Hitchcock del 1954. James Stewart fa la parte di un fotoreporter costretto in casa da una frattura a una gamba. Annoiato dall’inattività, comincia a spiare con un binocolo e un teleobiettivo i vicini di casa, ed è così che scopre un macabro omicidio. Altri tempi. Ieri a Milano hanno arrestato i componenti di ben due bande di delinquenti che nelle case dei cittadini entravano non guardando attraverso le finestre, ma hackerando le telecamere private (e sì, confesso, non lo sapevo e non lo immaginavo: ma molte famiglie hanno le telecamere all’interno del proprio appartamento).

Ma i delinquenti sotto inchiesta a Milano non facevano i guardoni solo negli appartamenti privati: lo facevano anche negli spogliatori di palestre e piscine, e in studi privati. E non erano guardoni no profit: vendevano i video (inutile specificarne il contenuto: basti sapere che quello rubato negli spogliatoi era il più casto) sui social, dove per una ventina di euro ci si poteva abbonare a simil servizio. Erano previste pure le dirette.

E stiamo parlando di reati, ovvio. Però, vien da chiedersi come sia stato possibile diventare così vulnerabili. Perché uno si mette le telecamete in casa propria? Per filmare i ladri se e quando entrano, viene spiegato; per controllare il bambino che dorme; per controllare come lavorano la baby sitter e la colf. Insomma, per motivi di sicurezza. Stesso discorso per le palestre le piscine eccetera: si mettono le telecamere per sentirsi più tranquilli.

Ma il mondo della tecnologia digitale ha una sua inquietante fragilità, e tante difese diventano alla fine talloni d’Achille. Un cortocircuito.

Che mondo abbiamo costruito? Anche senza delinquenti che intercettano e ricattano, le telecamere disintegrano la nostra privacy. E se questo può essere considerato un effetto collaterale dei sistemi di sicurezza, ci sono altri motivi per cui qualcuno sa tutto di noi. Motivi commerciali: è arcinoto che qualsiasi nostra attività su internet è tracciata da chi poi - sapendo tutto dei nostri gusti, dei nostri vizi e delle nostre virtù - ci inonda di pubblicità. E ci sono anche, con ogni probabilità, motivi non commerciali, ma di semplice controllo. Federico Faggin, l’italiano che inventò il microchip e il touch screen, ha spiegato perché un grande social ha acquistato per 23 miliardi di dollari un sistema di messaggistica che usiamo tutti i giorni e che non vale più di 2-3 miliardi: "Perché chi possiede quel giocattolo, sa tutto di noi".

Non solo gli hacker, insomma, entrano nelle nostre vite schedandoci, mentre noi ogni giorno firmiamo tonnellate di carta (straccia) per le norme sulla privacy.