Bruno
Vespa
Repressione è una brutta parola che porta in sé qualcosa di autoritario e perfino di implicitamente ingiusto. È difficile perciò usarla per l’incriminazione di ragazzi violenti che hanno 14 o 15 anni. La criminalità giovanile è in crescita dappertutto e in cinque Paesi europei (Inghilterra, Francia, Olanda, Irlanda e Polonia) la soglia varia addirittura dai 10 ai 13 anni.
Da noi c’è l’aggravante della camorra abituata ad arruolare soldati minorenni coperti finora da impunità. In questo caso ha perciò ragione Giorgia Meloni quando parla di prevenzione. Una novità altrettanto importante è il carcere e la sottrazione della capacità genitoriale per chi non manda i figli a scuola. C’è un esercito di ragazzi e ragazze che non rispettano l’obbligo scolastico: e qui il problema non è solo la mancata istruzione e quindi la costruzione di una vita minore, ma l’impiego che le famiglie fanno di questi giovani e che spesso non è certo virtuoso.
La mia frequentazione di campi rom è stata una drammatica lezione di vita.
Una severa punibilità di minorenni serve anche a rimettere ordine nella gravità dei rapporti sessuali con le bambine. La caduta di ogni soglia educativa, il disastro di situazioni familiari in cui si va dalla trascuratezza alla criminalità, porta creature di poco superiori ai dieci anni a vivere esperienze che le segneranno per sempre. Spesso, purtroppo, sono gli “zii” gli “educatori” sessuali delle bambine, ma gli abusi subiti da ragazzi poco più che coetanei richiedono un freno che ci auguriamo preventivo, piuttosto che repressivo.
Qui il discorso si allarga ad età leggermente superiori. Il ‘lupo’ esiste dai tempi di Cappuccetto Rosso, ma oggi questa specie animale dilaga in modo impressionante, non si sa quanto per diseducazione o per incoscienza criminale. Perciò i genitori di Cappuccetto Rosso faranno bene a potenziare la loro capacità educativa e a vigilare sui tempi e sui modi delle “uscite con le amiche” delle nostre ragazze.