Mercoledì 24 Aprile 2024

La premier in Egitto Diritti umani e gas Difficile faccia a faccia tra Meloni e Al Sisi

Il presidente del Consiglio incontra il capo di stato egiziano. Sullo sfondo dei colloqui restano ancora le vicende Regeni e Zaki. Critiche dalle opposizioni: "Ha ignorato le violenze per gli affari"

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Lorenzo

Bianchi

Durante la "Cop 27", la conferenza internazionale sul clima di Sharm el Sheikh, la presidente del consiglio Giorgia Meloni ha incontrato per circa un’ora il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi. Dal comunicato di Palazzo Chigi risulta che l’imbarazzante tema dei diritti umani e delle annose e dolorose vicende di Giulio Regeni e di Patrick Zaki non è stato nascosto come polvere sotto il tappeto. La nota ufficiale del governo italiano la cita come quinto punto del colloquio, dopo le questioni dell’approvvigionamento energetico, delle fonti rinnovabili, della crisi climatica e dell’immigrazione. Il portavoce della presidenza egiziana Bassam Radi, non a caso, non ne parla. Si limita a comunicare che il capo dello stato egiziano ha auspicato che la visita della premier Giorgia Meloni dia "slancio" allo "sviluppo" della dimensione "politica economica, di sicurezza e culturale" dei rapporti fra Italia ed Egitto che sono basati su "profondi legami storici". Al Sisi avrebbe anche espresso apprezzamento per le stese relazioni bilaterali fra i due Paesi. Nel felpato linguaggio della diplomazia si legge in filigrana che erano a un livello basso.

Era la prima volta dopo la morte di Giulio Regeni che un leader del governo italiano tornava in Egitto, e l’incontro era molto atteso dalle due parti per l’intenzione comune di far ripartire il dialogo comune, che passa in primo luogo attraverso il capitolo dell’energia e del gas. Meloni ha voluto comunque far sapere di aver sollevato il tema del rispetto dei diritti umani, oltre ad aver affrontato con il suo interlocutore diversi dossier, dall’approvvigionamento energetico (l’Eni è attiva in Nord Africa) alle fonti rinnovabili, dalla crisi climatica all’immigrazione. Le precisazioni della Meloni non sono comunque bastate alle opposizioni italiane, che hanno accusato la premier di aver anteposto gli interessi economici al tema dei diritti. "Al- Sisi consegni i killer di Regeni", ha attaccato il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni. "Vogliamo giustizia e verità", ha sottolineato l’eurodeputata del Pd Alessandra Moretti. "E’ semplicemente indecente - ha detto il verde Angelo Bonelli - che la presidente Meloni sia andata alla Cop 27 non per parlare di clima portando i provvedimenti del caso, che come sappiano vanno in direzione opposta, ma per accordarsi col Presidente egiziano Abdel Fattah al- Sisi su migranti e i giacimenti di idrocarburi che interessano l’Eni".

Giulio Regeni, 34 anni, è il giovane ricercatore friulano sparito il 25 gennaio 2016 durante le manifestazioni al Cairo per l’anniversario delle proteste di piazza Tahrir contro il regime di Hosni Mubarak e ritrovato cadavere il 3 febbraio con evidenti segni di tortura. Sulla scia di quella vicenda l’8 aprile del 2016 fu ritirato l’ambasciatore italiano al Cairo Maurizio Massari e la sede diplomatica rimase scoperta per più di un anno. Nel dicembre del 2020 la Procura di Roma ha chiuso l’inchiesta sulla vicenda, ma il procedimento è bloccato dal fatto che il Cairo impedisce la notifica del processo ai quattro alti funzionari della National Secuity Agency. L’unica esile speranza che il dibattimento possa ripartire è un articolo della riforma Cartabia che prevede la consegna delle notifiche ai difensori.

Patrick Zaki è uno studente dell’Università di Bologna di 31 anni. La sua famiglia è di religione copta ortodossa. E’ stato un militante dell’organizzazione "Iniziativa egiziana per i diritti umani" e un sostenitore dell’avvocato Khaled Ali nella campagna per le elezioni presidenziali del 2018. Il 7 febbraio del 2020 è stato arrestato. Era tornato nella sua città, Mansoura, per riabbracciare la famiglia. E’ stato accusato di minaccia alla sicurezza nazionale, di incitamento a proteste illegali e di diffusione di notizie false. Secondo il suo avvocato sarebbe stato bendato e torturato per diciassette ore consecutive. Alla terza udienza del processo è stata disposta la sua scarcerazione. L’8 dicembre 2021 il commissariato di Mansoura l’ha liberato. La città di Bologna gli ha conferito la cittadinanza onoraria.