Mercoledì 24 Aprile 2024

La polpetta avvelenata dell’Economia

Raffele

Marmo

Alla fine dei giochi il ministero dell’Economia a Giancarlo Giorgetti, più che alla Lega, potrebbe non essere un buon affare per Matteo Salvini. Anzi, potrebbe rivelarsi un "regalo" più che insidioso per il numero uno del Carroccio e per il suo partito.

Difficile dire, nel mosaico di ombre e di mezze verità che fa da sfondo alla formazione di un governo, se in questo caso i tecnici, come si racconta in apparentemente informati retroscena, abbiano detto tutti no all’offerta di Giorgia Meloni dell’incarico di numero uno di Via XX Settembre. Di sicuro ha declinato la proposta, almeno fino a oggi, colui che da settimane è stato indicato come il candidato "naturale" alla carica che fu di Quintino Sella. Parliamo di Fabio Panetta, uomo di punta di Bankitalia proiettato ai vertici Bce, con la prospettiva di tornare in Italia alla guida di Palazzo Koch per nove anni.

Come che sia, a questo punto l’opzione più gettonata (ma, fino alla fine, può cambiare tutto) è quella che vede il leghista bocconiano moderato, ben visto dal Colle e dall’Europa, in pole position come ministro dell’Economia.

All’apparenza un successo senza precedenti per la Lega: il problema, però, è che, nella terribile stagione di emergenze economiche e sociali che attraversiamo e con l’orizzonte di una recessione annunciata, il responsabile dei conti e della spesa rischia di diventare il parafulmine o anche il capro espiatorio di tutte le tensioni che si scaricheranno sull’esecutivo. E questo non potrà non riverberarsi sul partito di appartenenza.

Ma per Salvini, come leader, il boomerang può essere doppiamente rilevante. Da un lato, sarà complicato spiegare in giro ma anche dentro il governo (con tanto di ultimatum) che il re è nudo e che non ci sono le risorse per finanziare le promesse fatte, quando hai il custode dei conti del tuo partito. Dall’altro, sarà altrettanto paradossale che il numero uno della Lega sarà di fatto il numero due della stessa Lega nell’esecutivo. Ma tant’è.