Sabato 20 Aprile 2024

La parabola azzurra Forza Italia divisa e il Cav indebolito non giovano al governo

L’ingresso di Berlusconi nella sede di FdI segna il cambio di un’epoca. Il partito personale di "Re" Silvio destinato a seguire le sue fortune. Molti in FI contrari all’egemonia della Ronzulli, anche i figli del leader

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di Perfrancesco

De Robertis

È la prima volta che Silvio Berlusconi accetta di giocare la partita fuori casa, nel campo di uno dei compagni della sua stessa coalizione, e di certo la scelta non sarà stata indolore. Avrebbero potuto vedersi alla Camera o al Senato, Giorgia ha preteso che il luogo fosse via della Scrofa a voler rimarcare il carattere riparatore dell’incontro. Certo, c’era stato il Nazareno da Renzi ma in fondo quelli erano avversari, non è la stessa cosa, e comunque anche in quel caso il luogo indicato segnalava una difficoltà politica del Cav che di lì a qualche giorno dovette ingoiare dal segretario Pd il rospo dell’odiato Mattarella al Quirinale. Prima di ieri il Cav non si era mai spostato, e tutta la sua movimentata attività politica era ruotata intorno alle sue residenze, che fossero palazzo Grazioli, villa Certosa in Sardegna, Arcore o per ultima Villa Grande, a voler rimarcare non tanto una proverbiale e anfitrionica ospitalità quanto l’ispirazione assolutistica, indivisibile e indisponibile della monarchia che reggeva il centrodestra. Le corti, i famigli, i giullari come segno di inarrivabile primato.

L’incontro in via della Scrofa segna il superamento del berlusconismo come fenomeno politico complessivo, espressione inimitabile e fino ad allora sostanzialmente unica nella politica italiana di crasi profonda, carismatica, tra fondatore e partito, che andava oltre la classica e nel caso di Berlusconi molto riduttiva definizione di partito personale. Forza Italia non è stata un partito personale nel senso comune, come l’Udeur di Mastella, l’Italia dei Valori di Di Pietro e tanti altri. Forza Italia è stata ed è un tutt’uno con Berlusconi, con i suoi affari, il suo corpo, i suoi soldi, il suo carisma, i suoi voti. Carne della carne, destinata a nascere e a morire con lui. Fisicamente. E sono in molti quelli cha hanno scommesso sulla fine di Forza Italia identificandola con il tramonto di Berlusconi, ormai sotto gli occhi di tutti. Scoprendo poi a loro spese (chiedere ad Alfano o ai transfughi di Coraggio Italia) che Forza Italia ci sarà sempre fino a quando sarà al mondo Berlusconi, e viceversa. E non al mondo sono in senso politico. "Meno male che Silvio c’è".

Una identificazione che anche in questi giorni è apparsa in tutta la sua interezza, con il Cav a irrigidirsi per difendere con la richiesta di Mise e Giustizia le sue aziende e la sua persona, o la sua corte, vedi Ronzulli. Il partito è a pezzi, diviso per bande già a inizio legislatura ma lui va avanti. Perché il partito è lui, sindone di sé stesso da ostendere continuamente, è lui che anche in questo autunno politico muove le pedine a suo piacimento, e tanto basta. Le Ronzulli in fondo sono sempre esistite perché gli hanno fatto comodo, per usarle al momento opportuno con chi gli tornava, e gli torna, comodo.

Certo, ultimamente certe dinamiche si sono accentuate, tutto è meno lineare, e le scosse non si sono fatte attendere. Mezzo partito, o più, è inferocito con Licia per la gestione dei collegi, quando Forza Italia con gli stessi voti di Salvini ha raccattato metà parlamentari. Merito, dicono in molti, del sedicente esperto di Rosatellum, Alessandro Sorte, uomo della Ronzulli. Come pure risponde a verità l’indiscrezione che i rapporti tra Licia e i figli del Cav si siano notavolmente raffreddati negli ultimi giorni, quando, a fronte del sempre eccessivo potere di lei, qualcuno nella reggia di Arcore ha iniziato a intravedere un supposto, o temuto, tentativo di prendersi un domani il partito o ciò che ne resta. Una spaccatura che si è vista anche nella débacle per La Russa, quando l’assistente personale del Cav ha spinto il gruppo alla prova di forza, nonostante il lavorìo di molte colombe, tra le quali Tajani e Anna Maria Bernini (la Meloni l’ha apprezzato e per questo lascia che il nome della ex capogruppo al Senato circoli nel totoministri). Dall’altro lato della barricata Cattaneo, dicono Micciché, la stessa Casellati nonostante la partecipazione al voto decisa in quanto ex presidente (tant’è che, sussurrano in molti, i due voti a Calderoli saprebbero proprio i suoi e del Cav).

Ora in tutto questo si inserisce la Meloni, e il suo timore che una balcanizzazione di Forza Italia le sia un problema più che un aiuto. Vecchia regola della politica è che l’alleato serve debole ma vivo, ed è proprio questo che Giorgia cercherà adesso di garantire il corpo di Berlusconi. Concedere qualcosa al Cav per permettergli di andare avanti.