La pandemia dell’inflazione, il vero nemico

Gabriele

Canè

È arrivata piano piano, subdola, strisciante. Come il Covid che in gran parte l’ha generata. E oggi ci siamo dentro e ci resteremo. Parliamo dell’inflazione, l’acido che corrode stipendi e pensioni, il nemico sconosciuto alle ultime generazioni, con cui hanno dovuto convivere e combattere i nativi degli anni ‘50 e ‘60. Ricordate l’estate dell’anno scorso? I prezzi delle materie prime davano segni di nervosismo, ma le massime autorità finanziarie ostentavano tranquillità. Per Jerome Powell, il presidente della Federal Reserve, la cassaforte Usa, si trattava di un fuoco passeggero. La pensava così anche Christine Lagarde, numero uno della Bce: fuocherelli fatui. E forse nulla, o quasi, induceva a pensarla (o a dirla) diversamente. Dunque, tranquilli: i prezzi e i tassi non avrebbero fatto una piega. Ottimo per noi cittadini, visto che tassi e mutui, mai nella storia sono stati e ancora restano così bassi. Del resto, anche Conte a gennaio del 2020 assicurava che il virus non sarebbe arrivato in Italia, e che comunque era solo un’influenza. Invece, come dopo il paziente 1 (che era almeno il 10mila) la diga si è rotta ed è stato lo tsunami, così rischia di essere nella borsa della spesa, nelle bollette. Ragioniamo. Se l’acciaio decuplica mentre le nostre acciaierie sono ferme; se il petrolio "brucia" e noi, in attesa di diventare green, lasciamo che il gas del Mediterraneo lo prelevino i croati; se dobbiamo far funzionare le caldaie e andare i camion in un paese dove l’85% della merce è trasportata su gomma; se le cose stanno così, è inevitabile che l’inflazione corra, sapendo bene che ha il fiato lungo, e che a volte fa rima con speculazione. A Milano si parla di un caffè a 2 euro al banco in un bar chic del centro. Un’eccezione? Speriamo. L’industria, il commercio e i consumatori stringono i denti, combattono. Con il Covid stiamo vincendo. Con l’inflazione sarà altrettanto dura.