Giovedì 25 Aprile 2024

La pacchia non inizia mai per l’Italia

Davide

Nitrosi

Chi aveva detto che la pacchia è finita? Beh, a leggere la manovra verrebbe da chiedersi quale pacchia sia finita e se mai ci sia stato un periodo di pacchia. Di sicuro è finita (anzi, non è mai iniziata) la parentesi della possibile pacchia dell’Italia. La manovra cerca di venire incontro alle famiglie e salvaguardarle dalla mazzata del caro energia, ma sancisce anche che non ci sono più margini nei conti. L’Italia è cresciuta nell’ultimo anno, a dispetto di tutto e di tutti, ma la narrazione dei bei mesi passati non basta. La parentesi rosa tra la fiducia generata da Draghi, i tassi bassi e il rally della ripresa si è chiusa. Guerra, inflazione e le prime tensioni sul debito, hanno fatto risuonare il campanello d’allarme.

La manovra che tampona fino a primavera le bollette pesanti (senza poter risolvere il problema), aggiusta il tiro su alcune tasse, ma come in passato si perde in troppi rivoli così da affievolire la scossa sul costo del lavoro, l’unica misura, se assunta con proporzioni coraggiose, che avrebbe potuto dare carburante alla ripresa. Lo stop al reddito di cittadinanza rinviato tra agosto e dicembre nasconde un altro vuoto: non è, almeno per ora, associato a una revisione delle politiche attive sul lavoro. Si parla genericamente di formazione, ma qui si tratta di cambiare radicalmente il modello dei centri per l’impiego, della scuola, della formazione permanente. Capisco la delusione degli imprenditori e il non entusiasmo dei sindacati. Alzare le pensioni minime è una misura di giustizia sociale, ma si ferma lì: se non è associata a una revisione del fisco e a una severa lotta all’evasione non incide sul futuro del Paese. La pacchia è davvero finita, perché con la legge di bilancio non si è potuto (o saputo) fare altro. Colpa del macigno del debito pubblico. E del fatto che l’Europa ci chiederà presto di stringere la cinghia. La morale? Potrebbe essere un anno mediocre, ma rischiamo più avanti anni pessimi.