Giovedì 25 Aprile 2024

La notte magica di Ghini "Che festa sulla mia Golf"

L’attore: "Guardai la partita con Bentivoglio da un amico, poveri ma felici" "Alle finestre tornarono le bandiere italiane dopo un decennio terribile"

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"Una delle partite precedenti, la più poetica, più mitica, Italia-Brasile, la vedemmo con Mario Scaccia ed Eros Pagni, poco prima di andare in scena a Verona, con Shakespeare. Vestiti da antichi greci, davanti a un piccolo televisore urlavamo come pazzi! E la finale invece...".

Massimo Ghini (nella foto in basso) all’epoca aveva 28 anni. Pochi mesi più di Bruno Conti, uno dei protagonisti di quella finale, di quell’Italia-Germania che, l’11 luglio 1982, ci consegnò alla storia come campioni del mondo. E di Bruno Conti, Massimo Ghini era amico fraterno.

Ghini, dove era quel giorno, con chi?

"Ero con Fabrizio Bentivoglio, poveri in canna tutti e due, attori giovani e ancora pressoché sconosciuti. Vedemmo la partita in casa di un amico, Claudio Gaeta, futuro produttore. Dopo, festeggiammo – ahimé – tutti sulla mia auto. Io, che a teatro facevo la fame, mi ero comprato una Golf Cabriolet, che quella notte diventò affollata come un pullman all’ora di punta, con spumante versato in ogni angolo della carrozzeria. Il mattino dopo l’auto era dal meccanico, ridotta a una pattumiera".

Uno degli eroi di quel Mundial, Bruno Conti, era suo amico. Come mai?

"Un caso pazzesco riunì tre futuri assi del calcio e uno sciagurato come me. La mia famiglia aveva una casetta a Lido di Cincinnato, a due passi da Anzio. Bruno Conti era di Nettuno, giocavamo a calcio sulla spiaggia, insieme ad altri due ragazzi: Agostino Di Bartolomei, che divenne mio grande amico, futuro capitano della Roma, e Bruno Giordano, un ragazzetto di Trastevere che aveva la zia lì, e che sarebbe diventato il bomber che sappiamo".

Incredibile immaginarvi a giocare sulla spiaggia.

"Giocammo anche una partita mitica contro il Lavinio, la squadra della città vicina. Il loro capitano era Maurizio Merli, un attore all’epoca amatissimo dalle ragazzine, famoso per i poliziotteschi e per lo sceneggiato ‘Garibaldi’. Aprì le marcature il sottoscritto: presi pallone e palo insieme, la palla entrò in rete e io svenni".

Torniamo a quella finale, Pertini che si alzò in piedi, le bandiere italiane sui balconi. Cambiò qualcosa nella società italiana?

"Come no! Venivamo da un decennio terribile, dagli anni di piombo, dall’omicidio di Aldo Moro. Il nostro era un paese smarrito, che aveva perso la fiducia in se stesso. Quella vittoria di un gruppo di outsider – ce lo ricordiamo come la stampa italiana li trattò, nel girone iniziale? – riportò l’orgoglio di essere italiani in milioni di persone. Alle finestre delle case tornarono le bandiere italiane: esibirle, nel decennio precedente, sembrava qualcosa di reazionario. Invece ritrovammo la bellezza di quei colori, di quel simbolo della nostra storia".

Giovanni Bogani