La Nato scolora E cade il tabù di un esercito Ue

Mario

Arpino

Il concetto di Difesa europea non ha mai avuto vita facile. Stroncato da Charles de Gaulle, poi schiaffeggiato dalle famose 3D (no Duplication, no Discrimination, no Decoupling) dell’arcigna Margaret Thatcher. No alla duplicazione perché “…tanto ci pensa la Nato”, il no alla discriminazione per non escludere gli Usa, no al disaccoppiamento per l’inviolabile indivisibilità dei valori occidentali. Il vero presidio dell’Europa è la Nato, ovvero gli Stati Uniti. Sembrano trascorsi cent’anni. Si, perché poi con la sciagura dell’11 settembre anche gli Stati Uniti hanno dovuto cambiare registro. Certo, sempre richiamo alla coesione, ma, più o meno velatamente, questa volta il beneficio andava in senso inverso. Come dire, a partire da George Bush fino a Joe Biden (con un incoerente lungo intermezzo di Barack Obama), che l’Occidente europeo doveva cominciare a vigilare in proprio (ma sempre con la Nato) sui problemi regionali, perché gli Usa avevano ben altro da fare. Vedasi il fallito pivot to Asia. Da questo momento, guarda caso, è venuto meno il tabù ed anche in ambito Ue è diventato lecito parlare di Difesa europea, di incrementi di risorse verso l’industria militare, di autonomia strategica, di Stati Maggiori congiunti, di intelligence europea e di forze di pronto intervento con dimensioni e capacità ragguardevoli. Incredibile, ma anche l’Italia ha ripreso coraggio: dalle piazze non sembra arrivino forti obiezioni ed una linea politica si sta delineando davvero, se nel vertice in Slovenia sono stati riconfermati i concetti già espressi dal nostro Presidente del Consiglio il 29 settembre, in occasione della presentazione del Nadef: "Spendere molto di più nella Difesa di quanto si è fatto finora". Quasi non sembra vero, ma in Italia ed in Europa qualcosa si muove. Con la prossima presidenza francese è assai probabile che ne vedremo delle belle.