Martedì 16 Aprile 2024

"La Nato era pronta a invaderci" Putin cerca scuse: dovevamo reagire

Ma nell’anniversario della vittoria sui nazisti evita ogni minaccia di escalation. "Non ci sarà una guerra globale"

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Niente temuta escalation. Niente dichiarazione di guerra all’Ucraina, mobilitazione dei riservisti, minacce di uso di armi nucleari tattiche o di attacchi ai Paesi Nato che inviano armi a Kiev. Nessuna allusione al rischio di una terza guerra mondiale. Lo zar vola basso e per sottolineare i toni non bellicisti ordina all’aviazione militare di non solcare i cieli della Piazza Rossa – formalmente, ma è una scusa, a causa del cattivo tempo – e sulle altre sedi delle parate ai quattro angoli del Paese. Quale sia la musica lo si capisce dopo due minuti del breve discorso (11 minuti) di Putin. "L’orrore di un guerra globale – dice – non si deve ripetere". Ergo, Mosca non vuole un confronto diretto con la Nato. Per questo Putin fa appello all’orgoglio nazionale ma evita minacce e toni provocatori. Anzi, rende onore "alle truppe degli eserciti alleati, gli americani, i britannici, i francesi, oltre ai soldati della Cina e ai partigiani, a tutti coloro che hanno sconfitto il nazismo". Non era scontato. E poi, sentendosi sotto accusa, si difende. "La Russia – dice – non voleva l’aggressione, ma non ha avuto scelta. Abbiamo dato un colpo preventivo. È stata un decisione forzata, tempestiva e assolutamente necessaria, la decisione di un Paese sovrano, forte e indipendente". "I Paesi della Nato – punta il dito – non hanno voluto ascoltarci, quando lo scorso dicembre abbiamo proposto di definire un accordo sulla sicurezza, con soluzioni ragionevoli. Avevano chiaramente altri piani, avevano preparato apertamente un’altra operazione punitiva nel Donbass, una aggressione nelle nostre terre storiche, inclusa la Crimea, a Kiev si è parlato di ripristinare le armi nucleari. Il blocco Nato ha iniziato a militarizzare i territori vicino ai nostri confini. E questo per noi rappresentava una minaccia inammissibile. Non c’era altra possibilità. Dovevamo agire".

Premesso che l’attacco era a suo dire giustificato, Putin non cita neppure l’Ucraina, Mariupol, o le zone già conquistate come Kherson. E per la guerra in corso non usa mai la parola vittoria. Il tono è dimesso. Non ha al suo fianco il ministro della Difesa Shiogu, che sfila con le truppe e poi si volatilizza. Non ha con sé il capo di stato maggiore Gerasimov. E non ha voluto capi di stato stranieri. C’è il patriarca Kirill e poi ministri, politici e una manciata di generali ad assistere alla filata degli 11 mila uomini e 131 veicoli. Ma si è visto ben altro, e si poteva vedere ben altro se si fosse voluto mostrare i muscoli. Invece Putin ha evitato, mostrando anche empatia per i caduti. "Ognuno di loro – ha detto – è una perdita per la famiglia come per lo Stato". Una cosa Putin non ha fatto: parlare del futuro, che resta un libro bianco. La guerra continua, dura e spietata come sempre. Niente escalation, almeno, ma prospettive di pace, zero.

Alessandro Farruggia