La mossa di Eni: stop al petrolio di Mosca "Ma anche in default la Russia può resistere"

L’economista Di Taranto: rischio fallimento, ma il regime resta forte. Intanto le Borse europee ripartono: Milano segna un più 7 per cento

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di Elena

Comelli

La Russia si avvicina di nuovo al default, per la seconda volta dopo l’insolvenza del ‘98. Le agenzie di rating hanno declassato il debito pubblico di Mosca quasi a livello spazzatura e l’ultimo gradino potrebbe essere scavalcato nel giro di pochi giorni. Ma l’isolamento finanziario "non spaventa tanto un regime autocratico come quello di Vladimir Putin", secondo Giuseppe Di Taranto, professore emerito di Storia dell’economia e dell’impresa alla Luiss Guido Carli.

Professore, quanto può andare avanti l’economia russa in queste condizioni?

"Difficile dirlo. È vero che il Paese rischia l’insolvenza e che sta sopportando un tasso d’inflazione raddoppiato in pochi giorni, che si traduce in maggiore povertà per i cittadini, ma non bisogna sottovalutare le potenzialità dell’economia interna. I russi sono poveri, ma la Russia è un Paese molto ricco di materie prime, sia energetiche che strategiche, come le terre rare".

È vero, ma il petrolio non si mangia e nemmeno le terre rare. Se non possono venderle, a cosa gli serviranno?

"Nonostante le sanzioni, che sono state prontamente applicate dopo l’aggressione di Putin all’Ucraina, bisogna essere prudenti nel prevedere un rapido deterioramento dell’economia russa, che può andare aventi così anni. Il blocco alle importazioni dalla Russia, che adesso gli Usa hanno deciso di applicare anche al petrolio, colpirà soprattutto gli oligarchi e la classe più ricca, che infatti sta scappando dal Paese, ma non porterà al collasso".

Se la carta di credito non funziona e non si possono nemmeno ritirare i soldi al bancomat, però, la vita diventa complicata...

"È chiaro che la vita diventerà più dura, anche perché i russi in generale partono già da livelli bassi. Non esiste la classe media e la distribuzione del reddito presenta forti contrasti fra pochi straricchi e moltissimi poveri. Con la crisi economica scatenata dall’aggressione di Putin all’Ucraina queste disuguaglianze tenderanno a esacerbarsi, con un’ulteriore riduzione del potere d’acquisto per chi fa già fatica a sbarcare il lunario".

Questo inaspirmento non può provocare una rivolta?

"Non bisogna dimenticare che ci troviamo davanti a un regime autocratico, non democratico come il nostro. Chi non si adegua finisce in galera, come le migliaia di manifestanti che vengono arrestati perché protestano contro la guerra. In Russia se Putin decide di rimborsare le obbligazioni in scadenza in rubli invece che in dollari, com’è stato deciso nei giorni scorsi, nessuno batte ciglio. Quello che ordina lo zar è legge, non c’è un ministro o un consigliere che cerca di farlo ragionare".

Salvo che, al momento, continua a rimborsarle in dollari e, quando cercherà di rimborsarle in rubli, la Russia andrà in default.

"Quello sarà un primo segnale degli effetti delle sanzioni e farà sicuramente male al sistema economico russo. Ma non è detto che sia determinante, non dobbiamo aspettarci che il regime si schianti in sei mesi, perché la Russia ha comunque al suo interno le risorse di base che le servono per funzionare. Non potrà finanziarsi sui mercati internazionali, ma potrà attingere alle sue riserve auree, che sono fra le più ricche del mondo".

Le verrà in soccorso la Cina?

"Putin si è già assicurato il sostegno della Cina, che è una potenza tecnologica e sta per diventare la prima superpotenza economica a livello globale. Se la Russia andrà in default, avrà al suo fianco la Cina, che ne allevierà l’isolamento e potrà supplire ai prodotti che le mancano, fornendo anche tecnologie altrettanto avanzate di quelle occidentali. Per mantenere l’attuale equilibrio geopolitico, la Cina ha tutto l’interesse di aiutare il suo vicino, che a sua volta potrà spalleggiarla nelle mire espansioniste in Asia e in Africa".