di Elena Comelli La Russia si avvicina di nuovo al default, per la seconda volta dopo l’insolvenza del ‘98. Le agenzie di rating hanno declassato il debito pubblico di Mosca quasi a livello spazzatura e l’ultimo gradino potrebbe essere scavalcato nel giro di pochi giorni. Ma l’isolamento finanziario "non spaventa tanto un regime autocratico come quello di Vladimir Putin", secondo Giuseppe Di Taranto, professore emerito di Storia dell’economia e dell’impresa alla Luiss Guido Carli. Professore, quanto può andare avanti l’economia russa in queste condizioni? "Difficile dirlo. È vero che il Paese rischia l’insolvenza e che sta sopportando un tasso d’inflazione raddoppiato in pochi giorni, che si traduce in maggiore povertà per i cittadini, ma non bisogna sottovalutare le potenzialità dell’economia interna. I russi sono poveri, ma la Russia è un Paese molto ricco di materie prime, sia energetiche che strategiche, come le terre rare". È vero, ma il petrolio non si mangia e nemmeno le terre rare. Se non possono venderle, a cosa gli serviranno? "Nonostante le sanzioni, che sono state prontamente applicate dopo l’aggressione di Putin all’Ucraina, bisogna essere prudenti nel prevedere un rapido deterioramento dell’economia russa, che può andare aventi così anni. Il blocco alle importazioni dalla Russia, che adesso gli Usa hanno deciso di applicare anche al petrolio, colpirà soprattutto gli oligarchi e la classe più ricca, che infatti sta scappando dal Paese, ma non porterà al collasso". Se la carta di credito non funziona e non si possono nemmeno ritirare i soldi al bancomat, però, la vita diventa complicata... "È chiaro che la vita diventerà più dura, anche perché i russi in generale partono già da livelli bassi. Non esiste la classe media e la distribuzione del reddito presenta forti contrasti fra pochi straricchi e moltissimi poveri. Con la crisi economica scatenata dall’aggressione di Putin all’Ucraina queste ...
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