La morte improvvisa del Bambino di Satana

Bologna, Marco Dimitri avrebbe compiuto ieri 58 anni. Negli anni Ottanta creò una setta demoniaca. Poi l’arresto, i processi, i risarcimenti

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di Gianni Leoni

È stato un personaggio evitato, imitato, temuto e seguito. ‘Un diavolo’, dicevano in tanti. "Sono la reincarnazione di Satana e guido una grande famiglia", spiegava lui, chissà quanto davvero convinto. Poi, dall’avvio degli anni Novanta, le accuse, il carcere, l’assoluzione e l’anonimato con le giornate per lo più tutte uguali nel suo appartamento di via Riva Reno. E ieri proprio lì, tra quelle mura a lungo trasformate in un sinistro set per rituali di magia, per tetre cerimonie di iniziazioni e di incontri sessuali, Marco Dimitri, la ex ‘Grande bestia 666’ ed ex guardia giurata, se n’è andato per sempre a 58 anni.

Sulla scena era salito ancora giovanissimo con lo sguardo al cielo in cerca di sbarchi da altri pianeti. "Non c’è solo il nostro mondo, presto ci saranno clamorose sorprese", garantiva. Poi, senza evidenti tracce di Ufo in giro, si era messo in proprio, nell’82, con un drastico salto di interessi, uno sconcertante annuncio presentato con tono solenne, "sono un satanista di stile pagano" e con la fondazione dei ‘Bambini di Satana’. L’iniziazione prevedeva scritte col sangue sulla fronte e, soprattutto, fedeltà assoluta. Il programma sfruttava le tenebre e metteva in conto sinistre cerimonie in diverse periferie di Rimini, Riccione, Forlì e Pesaro, messe nere in piccoli cimiteri abbandonati, come quello di Nugareto, area di Bologna e nei lugubri altarini nell’appartamento di via Riva reno.

"Vuoi visitare il nostro tempio?", mi propose. Tutto era nero, in quelle stanze: tende, mobili, pareti, divani, inginocchiatoi. Anche Dimitri era una sagoma scura, aveva nell’aspetto qualcosa di infantile, e il volto pallido, sotto la chioma ricciuta, sembrava teso e malaticcio. Una piccola candela d’angolo accendeva di un diabolico riflesso azzurrognolo i tratti di una grande statua del diavolo e un contorno di maschere disposte tutt’intorno. Una musica lieve, di genere indefinibile, creava in quello scenario, una sensazione a metà tra il malessere e il disagio. "Questo è un luogo importante perché qui avvengono anche le iscrizioni dei Bambini", spiegò.

Bologna viveva i giorni dell’aereo Itavia precipitato a Ustica, della strage alla stazione, dei movimenti studenteschi, dei primi sequestri di persona, dei tappi in volo nei night e delle piste gremite nelle discoteche.

In quel clima Marco Dimitri portò avanti la sua cupa missione alla guida di un esercito di 200 fedelissimi di tutt’Italia, nei quali si erano infiltrati alcuni giovani carabinieri. Cerimonie, riti dalle strane formule, accoppiamenti senza limiti, voci, gemiti e silenzi profondi in un buio senza spiragli. Fino al ’96 quando, in piena luce, scattarono le manette. L’accusa: violenza sessuale su una ragazzina di 16 anni e su un bambino, e un tetro contorno di sospetti su altri pesanti reati.

"Quella signorina è la fidanzata di un mio amico e l’avrò vista si e no un paio di volte", fece filtrare dal carcere. L’inchiesta prese spinta e chiese spazio, da Bologna si allargò a Roma e più in là, Dimitri divenne un volto e un brivido, chiamò sulla scena altre formazioni, aggiunse ipotesi, e sospetti perfino di sacrifici umani, ma si afflosciò stremata dopo 13 mesi con due sentenze di assoluzione piena, in sequenza, e un ‘rimedio’ di 100 mila euro per l’ingiusta detenzione.