La morte del tiranno e la fine del Male

Ha impiegato ben poco Putin per assurgere a personaggio da tragedia, come l’uomo più odiato del pianeta. In alcuni mesi è diventato il simbolo del Male, quasi della potenza di un Macbeth. Le voci che si rincorrono da una parte all’altra della Terra lo danno gravemente malato, se non operato, nelle ultime ore, di un cancro inguaribile. Ad accrescere la suspence, corrono le voci di una serie di filmati girati per poter continuare a simularne l’attività di governo nei mass media, quando sarà infermo a letto. Il confine fra politica e teatro si fa sottile in un’autocrazia, assai più che in una democrazia.

Un tiranno ha sempre bisogno di finzione, fa parte dell’inossidabilità del suo mito per rispondere alle esigenze dei sudditi, che non amano la libertà quanto la continuità del potere.

Ne L’autunno del patriarca di Marquez questa è garantita dalla finestra sempre accesa nel palazzo del dittatore, per tutta la notte. E, come in un perfetto copione, già si ragiona su chi gli potrà succedere, forse nel timore di qualcuno anche peggiore. Il tiranno Dionigi di Siracusa volle conoscere una vecchietta che pregava per lui ogni mattina. Quando arrivò alla sua presenza l’anziana fu esplicita "Prima di te abbiamo avuto tuo padre e prima tuo nonno, uno più cattivo dell’altro, prego per la tua salute solo perché non venga uno anche peggiore". Ma la diceria del male che lo starebbe uccidendo, così concorde nell’immaginario collettivo, è davvero credibile e sicura o è solo frutto del desiderio del mondo? Desiderium gratiae initium gratiae est, il desiderio della grazia è già l’inizio della grazia, diceva sant’Agostino. Ma basterà a far smettere questa guerra, nel cuore dell’Europa? Che potenza hanno i sogni collettivi, che forza sprigionano i sensi di colpa, le aspirazioni al Bene, la preghiera, la fedeltà al copione delle favole dove il Bene finisce sempre per vincere il Male? Siamo davvero all’ultimo atto di questo dramma, o stiamo soltanto proiettando i nostri auspici, i nostri bi-sogni? Non è mancato nessun elemento della suspence, grazie alla cruda forza di suggestione degli eventi disastrosi che Putin ha scatenato. Persino un vecchio Papa pronto, come Leone Magno seppe fermare Attila nel 452 vicino a Mantova, a volare a Mosca per implorare la pace nella fine della guerra. Che cosa ci aspetta nei giorni che verranno? Lo spettacolo promette un gran finale. Non resta che sederci e aspettare.