Amanda Sandrelli: "La mia famiglia. Mamma Stefania, papà Gino. Lei solare, lui ombroso"

L’attrice racconta la sua vita come una lunga storia d’amore: "Non ho mai visto i miei genitori insieme, mi è rimasta una malinconia". Poi la fine del suo matrimonio: "I figli soffrono moltissimo per la separazione. Vorresti preservarli dalla sofferenza, ma è sbagliato"

Migration

"Il teatro è una terapia per chi lo fa. Entri nelle vite degli altri e capisci la tua: giovedì sarò a Lucca sul palco, in una sala vuota. Il teatro non si arrende al virus: già in passato, nel mio momento più buio, è stato il rifugio sicuro. È quanto di più vicino a uno psicanalista, cioè quello che avrei voluto fare da grande". L’Ars Amanda è un modo di districarsi fra gli spigoli dell’anima. Percorso difficile anche se sei un’attrice affermata, figlia di due monumenti dello spettacolo: Stefania Sandrelli e Gino Paoli. Amanda Sandrelli veleggia verso i 56 anni (li compirà il 31 ottobre), è una donna separata in battaglia quotidiana con due ragazzi di 22 e 16. E ha al fianco "un compagno che vive in un’altra città, un uomo paziente che mi ha permesso di elaborare il lutto dell’amore spezzato e di trovarne uno nuovo".

Come finisce una storia?

"Malissimo. Nel mio caso non ci sono state scenate, ma una sofferenza enorme. Non sono stata io a lasciare: avrei voluto invecchiare con il padre dei miei figli. E invece mi sono ritrovata bambina, con lo stesso dolore di tanto tempo prima: i miei non sono stati una coppia unita, è una mancanza che mi sono portata dietro".

A partire dallo stato civile?

"Sono nata a Losanna. Figlia di padre ignoto fino a 25 anni perché lui era già sposato e la legge italiana gli impediva di riconoscermi. Mi chiamo così perché i miei hanno fatto a metà: Amanda era il nome che piaceva a mio padre, mia madre gliel’ha concesso a patto che portassi il suo cognome".

È stata dura crescere con uno solo dei genitori?

"Ho vissuto sempre con mia madre, tranne il periodo dagli 8 ai 13 anni con mio padre a Milano. Non ho sentito il trauma della loro separazione perché non li ho mai visti insieme. Piuttosto una malinconia, la nostalgia per qualcosa che non ho avuto. I ragazzi soffrono se la famiglia si rompe".

Come l’ha spiegato ai suoi figli?

"Rocco e Francisco hanno 22 e 16 anni, erano in piena adolescenza nel 2013 quando mamma e papà hanno preso strade diverse. Io e Blas Roca-Rey ci siamo amati per vent’anni. Poi la frattura irrimediabile. Gli ho detto: con loro ci parli tu, io non trovo parole".

Le ha più trovate?

"Li ho messi a sedere e ho chiesto: datemi tempo, adesso non sono serena con vostro padre, ma per voi non cambierà nulla. Un discorso da adulti in un momento cruciale".

Che mamma è?

"Giro come una trottola tra le faccende di casa e un lavoro che impone di star fuori per giorni. Combatto contro una montagna di calzini spaiati... fai, brighi, t’incazzi, cacci due urli e speri che tutto vada bene. Quando litigano fra loro gli allungo un ceffone, se protestano ribadisco: è proibito alzare le mani, qui solo io posso menare. Non sono una loro amica e pretendo rispetto".

È protettiva?

"Vorresti difendere i figli da ogni male, ma è impossibile. Ed è sbagliato. Devono sbatterci il muso".

Stefania Sandrelli ne La famiglia di Scola dice: ai figli che non danno pensieri, si dedicano pochi pensieri.

"È una delle frasi più alte del nostro cinema. Mia madre se l’è aggiustata addosso. Poco prima che girasse quella scena avevo rischiato la vita in un incidente d’auto. Passò due notti a vegliarmi, la paura era stata grande e la seguì sul set: il dolore fa crescere".

Come si è trovata in una famiglia allargata?

"Può essere meglio di quella tradizionale. Io ho quattro fratelli e sono stata allevata da un tato che si è occupato di tre nostre generazioni. Più la famiglia è aperta e incasinata, più impari ad arrangiarti".

Com’è il rapporto con Stefania?

"Lei è come appare. È una bambina intuitiva e solare. Una donna che dà calore. Ha una saggezza tutta sua. Sa molte cose, ma non sa perché le sa. Dice che sono la sua confidente: desidera la mia protezione".

Avete recitato assieme in teatro, al cinema e in tv. Ha avuto problemi con una mamma così bella e così brava?

"Nessuna gelosia, è una gioia vederla ammirata. Mia madre è roba mia".

E suo padre?

"Lui e Anna, la prima moglie, mi hanno insegnato cosa sono le regole. I nipoti lo adorano, ma quando erano piccoli si rompeva le palle ad averli attorno. Gino è un finto indifferente. È ombroso però capace di tenerezza, se i figli hanno bisogno di conforto arriva la sua telefonata".

Avete cantato in tandem per La bella e la bestia. Com’è stato?

"È facile con un grande artista. Ha una casa piena di libri di poesia, scrive su enormi fogli bianchi che sparge sui tavoli: quante canzoni meravigliose ho visto prendere forma lì".

E lei? Ha esordito nel cinema a 18 anni: pensava di fare l’attrice?

"Non ho studiato recitazione, è stato casuale. Preparavo la Maturità e mia madre aveva organizzato una festa. C’erano Troisi e Benigni che mi proposero una parte in Non ci resta che piangere".

Il suo personaggio è indimenticabile per un tormentone...

"Non c’era copione, solo un canovaccio e le chiacchiere nella roulotte prima di girare. La mia parte era: Pia, quindicenne che si innamora di Troisi. Fine. Massimo mi chiese di fare un po’ la voce da scema e ripetere sempre la stessa parola: provando, provando, provando, provando oppure bello, bello, bello, bello. Roberto aggiunse: fai come i bambini quando parlano talmente in fretta che non prendono fiato".

Fu subito bravissima.

"Io ero una ragazzina inconsapevole, quei due invece erano in stato di grazia. Quante risate durante la lavorazione. Ma il cinema non è il mio posto: sto bene sul palcoscenico, un luogo senza fuffa intorno".

Il 29 ottobre sarà al Teatro del Giglio per Lucca Comics Changes. Che spettacolo è?

"Un monologo. Senza spettatori per le norme anti Covid: da venerdì sarà comunque disponibile su RaiPlay on demand. Darò corpo e voce a Lucrezia, il fumetto di Silvia Ziche. È un personaggio buffo, il precipitato dei difetti di questo tempo: è stressata, insicura, vittimista, egocentrica. Dipende dagli uomini ed è impaurita dal tempo che passa. Dice: non trovo il senso della mia vita, sarà finito in fondo alla borsa con le chiavi".

C’è una frase sul suo status Whatsapp: in bilico. Somiglia a Lucrezia?

"Un po’ sì, mi sento in equilibrio precario. Forse perché alla vigilia dei 56 anni coltivo ancora le illusioni. Ma non le velleità: non potevo volere di più dalla carriera. E mi sono goduta i figli, la mia scelta migliore".

 

 

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro