Venerdì 19 Aprile 2024

La mala dei narcos col machete L’altra faccia di Milano fa paura

Bande di pusher e banditi si spartiscono il territorio dell’hinterland: scontri diretti e vittime torturate

Migration

di Paola Pioppi

e Christian Sormani

VANZAGHELLO (Milano)

Un’altra malavita. Non rapina le banche, non pretende il controllo di quartieri, dei locali e del commercio. Il territorio che si spartisce a colpi di machete e di pistola è quella landa di boschi e brughiera che circonda Milano lungo le direttrici che lo sviluppo tumultuoso di fabbriche e villette ha risparmiato. Alberi, campi, solcati da ferrovie e svincoli autostradali dove il mercato della droga fiorisce e produce incassi milionari, su piazze che valgono anche diecimila euro al giorno. Una folla silenziosa, alla spicciolata, si addentra sui sentieri, a due passi dalla Statale 36 che porta a Lecco o lungo l’Autolaghi, fra il Legnanese e il Varesotto. Una dose di eroina, cocaina o fumo: servizio take away. E un flusso costante di contanti, per i gruppi di spacciatori nordafricani che gestiscono i loro feudi. Chi sgarra e prova a uscire dal seminato, perché si allarga o non sta ai patti, la paga.

È così che la mattina di sabato un automobilista trova sulla Statale che porta a Malpensa a Vanzaghello, fra Milano e il Varesotto, il cadavere di un giovane maghrebino ancora senza nome. Gettato su una piazzola come un sacchetto di immondizia, ha segni di tortura: fratture e bruciature di sigaretta. Ucciso a botte. La pista, secondo la polizia di Varese, è quella dei narcos dei boschi. Gli stessi che qualche chilometri più in là, nel fitto dei boschi del Rugareto, un vasto appezzamento fra Basso Varesotto, Alto Milanese e Comasco, hanno più volte ferito qualche rivale a colpi di machete e ammazzato due persone in tre anni. Il primo morto è un 54enne senegalese Abib Modou Diop, freddato il 15 gennaio 2019 con un colpo di pistola in un campo proprio al Rugareto, nel territorio di Rescaldina. L’assassino, scopriranno gli inquirenti, è Cherif Ahmed, condannato in contumacia a 25 anni e 6 mesi di carcere per omicidio. Ed è latitante. Il senegalese aveva pagato col sangue l’affronto di aver rubato un paio di ovuli di droga per un valore di poco superiore ai 100 euro. In Marocco Cherif vive da uomo libero e coi soldi dello spaccio si è pure costruito una casa. A lui il compito, per anni, di gestire lo smercio di droga dello zio, uno dei capi della banda dei boschi. Dopo l’omicidio i continui controlli del territorio non riuscirono a far terminare lo spaccio in zona. Fino a un nuovo omicidio, quello di Bouda Ouadia, 24enne anni del Marocco, immigrato irregolare senza fissa dimora. Rincorso dal suo assassino stramazzò a terra dopo alcuni colpi di arma da fuoco alla nuca.

Oggi l’intera zona è quasi interdetta a chi non appartiene al giro, come fornitore o come cliente. I criteri per stabilire quali sono i territori più ambiti non sono molti: abitudine consolidata dei clienti, luoghi seminascosti in cui fare le cessioni, posizioni vicine a vie di transito importanti. La differenza fra ricchezza e povertà la fanno questi parametri. E per i fortini del Rugareto, ma anche per le Groane, dove anni fa si arrivò a fermare una linea ferroviaria ad agosto per evitare le consegne al finestrino dei regionali in transito alla stazione di Ceriano Laghetto, si arriva a uccidere. E anche a torturare. Magari legando la vittima a un albero per poi infierire.

La filiera dello spaccio nei boschi al confine tra Como e Varese, inizia da Milano e dalle zone dell’hinterland, dove avviene l’approvvigionamento della droga e dove vivono i soggetti più importanti della bande che, più volte in questi ultimi anni, sono arrivate a scontri diretti. Di fatto, è quasi impossibile sapere quante e quali sono le aggressioni tra spacciatori, scoperte solo quando viene trovato qualche cadavere o qualche moribondo a bordo strada, o quando qualche tossicodipendente italiano si lascia andare e dice qualcosa. Ogni tanto scatta un blitz: a terra giacigli, ripari, ma anche cartucce e lame. Piazze che si aprono e piazze che si chiudono: l’ultima frontiera è quella del Roccolo, vicino a quella che dovrebbe diventare una gigantesca discarica al confine fra Casorezzo e Busto Garolfo, nel Milanese. Alle spalle degli scavi, lungo la ciclabile, è facile imbattersi in scambi di merce fra pusher e clientela, spesso in auto, qualche volte in bicicletta. Tutto alla luce del giorno.