Venerdì 19 Aprile 2024

La lunga scia dei medici compiacenti Anche l’oncologo sotto inchiesta

Lo specialista nei guai per l’esame del Dna sul boss. Acquisite le cartelle cliniche di un intervento del 2020

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di Nino Femiani

Si individuano nuovi covi, crescono gli indagati. Con il passar dei giorni, il fascicolo dell’arresto di Matteo Messina Denaro si arricchisce di fatti e nomi. Si scandaglia l’area dei fiancheggiatori che vengono iscritti nella lista degli indagati. Non poteva che essere così: un boss latitante da trenta anni, che ha vissuto gli ultimi come un tranquillo imprenditore, non poteva che godere di una trama di complicità, connivenze e omertà, soprattutto in campo medico viste le sue condizioni di salute. Il primo a finire a ‘modulo 21’ è stato il medico di base Alfonso Tumbarello, 70 anni, originario di Campobello di Mazara. Massone, è stato sospeso anche dalla loggia "Grande Oriente d’Italia" di cui faceva parte.

Tumbarello ha firmato le richieste di cura per la clinica "La Maddalena". "Non ne sapevo nulla. Per me, lui era il signor Bonafede (il geometra di Campobello di Mazara a cui MMD ha sottratto la carta d’identità, ndr)", ha detto ai carabinieri. La "filiera" medica non si è fermata a lui. Ventiquattro ore dopo è toccato all’oncologo Filippo Zerilli, 67 anni, originario di Trapani, finire nel registro degli indagati.

Secondo l’accusa del procuratore Maurizio de Lucia, il professionista avrebbe eseguito l’esame del Dna necessario alle cure chemioterapiche a cui il padrino di Castelvetrano doveva sottoporsi. Lo studio di Zerilli e il reparto di oncologia dell’ospedale "Sant’Antonio Abate" di Trapani, dove è primario, sono stati perquisiti. I militari del comando provinciale trapanese sono alla ricerca proprio del primo esame istologico effettuato su Messina Denaro. Il medico all’arrivo dei militari non era presente, era a casa malato.

Ai due medici viene contestata la procurata inosservanza della pena, aggravata dalla circostanza che il destinatario della condotta è un boss. Rischiano dai tre mesi ai cinque anni di reclusione. Un’ipotesi di reato non meno grave del favoreggiamento alla mafia, che prevede pene fino a quattro anni. Non è un mistero che la Procura di Palermo intenda procedere con il pugno duro per prosciugare l’area di chi ha favorito la trentennale latitanza. Si tratta poi di accertare quanta consapevolezza ci fosse nei medici che hanno curato Matteo Messina Denaro che si presentava con le generalità fasulle. Ecco cosa dice Vittorio Gebbia responsabile dell’oncologia medica della clinica "La Maddalena" dove Matteo Messina Denaro è stato arrestato. "Mai avuto il sospetto che quel paziente potesse essere il più grande ricercato d’Italia". Intanto i carabinieri hanno acquisito la cartella clinica relativa all’asportazione di un adenocarcinoma mucinoso del colon, effettuato all’"Abele Ajello" di Mazara del Vallo il 13 novembre 2020.

Dopo di allora ci sono stati almeno sei accessi in day hospital e un secondo intervento il 4 maggio 2021 per l’asportazione di noduli e metastasi. Senza contare tre dosi di vaccino somministrati nell’hub Castelvetrano a MMD come soggetto fragile (il vero Bonafede non lo era). La domanda è: davvero nessuno si è accorto di nulla? Davvero quella falsa identità non aveva alcuna crepa? "Qualsiasi favoreggiamento della mafia è incompatibile con la professione", è il commento di Filippo Anelli, presidente Fnomceo, Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri. Gli fa eco il presidente dell’Ordine dei medici di Trapani, Vito Barraco: "Avvierò l’iter di accertamento di eventuali violazioni del codice deontologico da parte dei colleghi. Per i reati più gravi il Consiglio di disciplina può anche procedere alla sospensione immediata dall’Ordine dei medici".