Giovedì 18 Aprile 2024

La lunga marcia per riprendersi il Movimento

L’ex leader M5s e la strategia Dc

Dice Renzi: il mio obiettivo è dimostrare che Italia Viva è determinante. Se Eugenio Giani vince in Toscana grazie ai nostri voti, ho vinto. La stessa cosa se Michele Emiliano perde in Puglia grazie alla nostra lista di Ivan Scalfarotto. Ho perso, invece, se Giani vince senza di noi e Emiliano perde con uno scarto maggiore del nostro risultato. Ineccepibile. Obiettivo di Renzi è arrivare in ottobre a un rimpasto che veda il Pd indebolito per alzare il prezzo e magari sostituire all’Istruzione Lucia Azzolina con Maria Elena Boschi. Meglio se con un premier diverso da Giuseppe Conte.

Anche Di Maio punta al rimpasto di ottobre per sommare, possibilmente, alla carica di ministro degli Esteri quella di vice presidente del Consiglio, tornando a guidare la delegazione al governo del M5S al posto di Alfonso Bonafede e diventando di nuovo capo politico al posto di Vito Crimi, anche se la segreteria sarà collegiale. Anche qui, se possibile, con un premier diverso. Di Maio, come Renzi, avrebbe bisogno di un Pd indebolito: per questo ha impedito l’alleanza vincente della sua candidata in Puglia con Emiliano e in tutte le altre regioni in cui si vota tra una settimana con la sola eccezione (perdente) della Liguria dove il Pd rischia di pentirsi di un fidanzamento impegnativo che potrebbe non portargli alcun vantaggio. E visto che il M5S alle regionali non andrà benissimo, meglio che perdano anche gli alleati.

Naturalmente Di Maio parla benissimo di Conte, senza nemmeno le riserve sulla capacità di spendere bene i 209 miliardi del Recovery Fund che ha Renzi. La prima volta che parlai a lungo con l’attuale ministro degli Esteri, dopo le elezioni del 2013, ebbi l’impressione di trovarmi davanti a un rampollo di pura scuola democristiana.

Oggi lui parla di Conte come Giulio Andreotti nel ’92 parlava bene di Arnaldo Forlani, mentre cercava di sfilargli la candidatura al Quirinale. Premesso che il più democristiano di tutti è proprio il presidente del Consiglio (abilità di altissima scuola nel cambiare pelle con indiscussa eleganza), Di Maio vuole riprendersi il Movimento con passi felpati. Preso atto della nuova scomparsa di Beppe Grillo, Di Maio vuole smarcarsi in un colpo solo da Davide Casaleggio, Alessandro Di Battista e dal vecchio mondo di Rousseau e guidare un partito normale libero di allearsi con chi vuole secondo le circostanze. Staremo a vedere. La sola cosa che ci interessa è che – con o senza rimpasto – il governo di qui a fine anno non solo abbia un ombrello robusto per resistere alle previste grandinate sull’occupazione, ma anche un motore da 209 miliardi di cavalli per fruttare al massimo una occasione irripetibile.