Martedì 16 Aprile 2024

La linea Serracchiani "Stallo dopo il voto? No alle larghe intese"

La capogruppo dem alla Camera: non siamo noi ad aver rotto l’asse con il M5s "Sinistra italiana non ha fatto cadere il governo, possiamo stare insieme"

di Antonella Coppari

Da certi punti di vista, la linea del Pd può apparire poco spiegabile. Nel quadro illustrato da Enrico Letta nella Direzione del partito di elementi che possono sembrare politicamente sgrammaticati ce ne sono. La rinuncia all’alleanza con M5s, elettoralmente vantaggiosa. L’accordo con Sinistra italiana, uno dei pochissimi partiti che non aveva votato la fiducia a Draghi. E la rivendicazione di non essere una coalizione, ma solo una alleanza elettorale.

Ci sono vari nodi da sciogliere, presidente Debora Serracchiani: cominciamo dalla rottura con i 5 Stelle di Conte, con cui avreste avuto maggiori probabilità di vincere. Perché questa scelta suicida?

"Non siamo noi che abbiamo rotto l’alleanza con i Cinquestelle, ma sono loro che hanno deciso di buttar via il lavoro fatto in questi anni – risponde la capogruppo del Pd alla Camera – La scelta del leader Conte di non votare la fiducia a Draghi ha cambiato le carte in tavola".

Per questo avete scelto di allearvi con chi, come Si, la fiducia a Draghi proprio non l’ha votata mai.

"Sinistra italiana non ha fatto cadere il governo, il M5s sì. Si tratta di un’area ambientalista e della sinistra importante".

Al dunque, alleanza elettorale significa espediente imposto da questa legge elettorale?

"Il Rosatellum non richiede coalizioni, che avrebbero comportato un unico simbolo, ma forme di aggregazioni, tanto che sulla scheda gli elettori troveranno i simboli di tutti i partiti".

Fuor di metafora, dunque, dopo il voto ciascuno avrà le mani libere.

"Dietro questa alleanza elettorale c’è l’impegno a lavorare su temi che hanno avuto un’elaborazione comune in Parlamento. Penso al tema della giustizia, alle riforme del Pnrr, alle semplificazioni, ai temi etici come il suicidio assistito".

Però Letta e Calenda hanno parlato più volte dell’agenda Draghi come programma. Fratoianni dice il contrario.

"È l’agenda sociale il perno della proposta del Pd, una proposta per l’Italia del 2027. Il nostro Paese è oggi alle prese con una grave crisi sociale ed economica. Cinque milioni e mezzo di poveri, più di quattro milioni di lavoratori che non arrivano a fine mese: sono numeri terribili, che con noi al governo, vorremmo metterci alle spalle. Vorrei tra l’altro far notare che nelle ore in cui c’era chi tramava per farlo fuori, Draghi aveva messo questo tema sul tavolo delle forze sociali. I punti in comune nell’area democratica e progressista sono molto di più di quelli che uniscono il centrodestra, tenuto insieme da potere e poltrone".

Ma se dalle elezioni non uscisse un risultato netto, potreste governare con forze dell’altro schieramento?

"Abbiamo appena fatto un’esperienza di unità nazionale con partiti molto diversi e con storie diverse finita male, e che non replicheremo. Lavoreremo per un governo con quelle forze con cui ci candidiamo da questa parte del campo".

Vi presentate con una pluralità di candidati premier. Significa che il vero obiettivo è confermare Draghi a palazzo Chigi, come chiede Calenda?

"L’obiettivo è vincere le elezioni con un’idea di Paese alternativa a quella della destra. Anche Calenda sa che quando bisogna mettere insieme un governo si parte dalle idee, non dai nomi. Direi invece che per la destra non contino idee e proposte, quanto chi si dovrebbe sedere a palazzo Chigi".

Chiudiamo con la nota dolente: Renzi è davvero escluso dal tavolo progressista?

"Non abbiamo messo veti a nessuno. Certo, costruire alleanze elettorali non è semplice: noi cerchiamo di farlo al meglio".