La linea Draghi: un Paese aperto "I problemi li creano i No vax"

"Non è vero che non decido, guardate la scuola". E rifiuta di rispondere alle domande sul Quirinale

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di Antonella Coppari

Altro che Dad, il problema vero sono i No vax. Chi pensava di trovarsi di fronte un presidente del consiglio con le difese immunitarie basse deve ricredersi. Mario Draghi attacca, non si difende. Anche quando si scusa per non aver illustrato l’ultimo decreto Covid appena il governo l’ha varato, ed etichetta la conferenza stampa che "finalmente" ha svolto assieme al coordinatore del Cts Locatelli e ai ministri Speranza e Bianchi "un atto riparatorio", esibisce il piglio ironico di chi si sente in sella: "Non decido più? La scuola che resta aperta, perché è una priorità per il governo, dimostra il contrario". Della serie: non ho l’impressione che i partiti mi vogliano fare la pelle per le mie presunte ambizioni quirinalizie; sono tosto e decido. Sa che le nuove misure incidono sulla vita degli italiani, e nel giorno del rientro in classe tra le proteste di presidi e governatori, i dubbi dei genitori, il tema su cui insiste è il diritto all’istruzione.

Rivendica la scelta di evitare la didattica a distanza nel quadro di una strategia "un po’ diversa" rispetto a quella del passato, culminata nei 65 giorni di chiusura del 2020, "una media pari al triplo degli altri Stati occidentali". È noto il motivo della sua linea: "La Dad provoca diseguaglianze tra i ragazzi che non potranno mai essere sanate". L’ondata pandemica è meno letale della precedente, e ciò permette di non sbarrare i portoni delle scuole, pur sapendo che il percorso non sarà facile e molte classi andranno in didattica a distanza. Però, spiega, non ha senso chiuderli prima del resto, "ma se chiudiamo tutto torniamo all’anno scorso e non c’è motivo per farlo". Abbiamo i vaccini, che sono "lo strumento più importante" per evitare lockdown: ecco perché è stato introdotto l’obbligo per gli over 50. Non usa giri di parole: "Gran parte dei problemi che abbiamo oggi dipende dal fatto che ci sono non vaccinati". Come Sergio Mattarella il 31 dicembre, anche lui rilancia l’appello a immunizzarsi. Il virus è democratico, colpisce tutti, ma i dati illustrati dal ministro Speranza con un grafico chiariscono che nelle terapie intensive finiscono in grandissima maggioranza (23) i non vaccinati. Per evitare la saturazione degli ospedali, che Draghi riconosce "dannosa" anche per tutti gli altri malati costretti a posticipare le cure, il governo martella con misure che costringono i riottosi a vaccinarsi: "Più riduciamo la pressione sugli ospedali che determina il colore delle regioni, più saremo liberi".

Di politica esplicitamente non parla: lo dichiara, e si rifiuta di rispondere a domande precise. Il Quirinale, insomma, è off limits. Ma tra le righe qualcosa dice: "In questi 11 mesi ci sono state divergenze ma non sono state un ostacolo: finché c’è la volontà di lavorare insieme e di trovare soluzioni condivise il governo avanti". Ammette che la situazione economica potrebbe peggiorare per il combinato disposto di Omicron e dei rincari energetici: "Il prezzo del gas sta scendendo, ma non è tornato ai livelli di prima". Se per ora tutte le stime confermano le previsioni del governo, dispensando da correzioni di bilancio, ma "non si può mai dire". Il tono è diverso da quello utilizzato nella conferenza di fine anno, quando sembrava considerare esaurito il mandato, dando l’impressione di una autocandidatura per il ruolo di capo dello Stato.

Rivendica i risultati raggiunti, la ricerca dell’unanimità "giusta perché il risultato avesse senso", per scelte difficili come l’obbligo vaccinale, insiste sulla necessità di mantenere la fiducia e tuttavia riconosce che il quadro è complesso. Di qui a leggere le sue parole come una implicita rinuncia al Colle però ce ne passa. Se avesse voluto sgombrare il campo da quella ipotesi – come alcuni a destra speravano – avrebbe potuto farlo. La realtà è che, sia pure con cautela maggiore rispetto a qualche settimana fa, per Draghi la partita è ancora aperta.