La leonessa dell’Isis, in guerra santa a 19 anni

Milano, arrestata per terrorismo un giovane italo-kosovara: cercava di arruolare le ragazze ed era pronta a sacrificarsi contro l’Occidente

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di Marianna Vazzana

MILANO

"Hai comprato i guanti con la bandiera?". Seguono sei faccine sorridenti. "Attaccherò tutto in camera". Altre risate da tastiera e l’augurio "Che dio ti protegga Leonessa". Un riferimento all’organizzazione terroristica dei Leoni dei Balcani, costola europea dello Stato islamico. È una delle chat scambiate tra Bleona Tafallari, diciannovenne originaria del Kosovo con cittadinanza italiana, che si faceva chiamare "leonessa" o "sposa pellegrina", e una ragazzina di 16. La prima è stata arrestata ieri a Milano dalla polizia per il reato di associazione con finalità di terrorismo. È moglie di Perparim Veliqi, ventunenne miliziano kosovaro che vive in Germania ed legato a Kujtim Fejzulai, autore della strage di Vienna del 2 novembre 2020. Bleona e Perparim si sono sposati in gennaio, vedendosi per la prima volta il giorno del matrimonio. Ieri al momento dell’arresto, lei ha chiesto solo di parlare con lui.

Nel telefono custodiva manuali per l’addestramento, tra cui il libro sulle "44 vie", una guida per i "mujaheddin" aderenti ad Al Qaeda, screenshot sulla realizzazione di ordigni, video e audio in difesa dell’Isis, file relativi ad attentati. La Digos ha individuato oltre duemila chat Telegram, WhatsApp e Snapchat che confermerebbero il suo ruolo nella costruzione di una "rete femminile".

La giovane si sarebbe radicalizzata "un passo alla volta", on line, dall’età di 16 anni, staccandosi dalla famiglia. Nata in Kosovo, ha vissuto per anni a Isernia frequentando le scuole italiane, per poi tornare in Kosovo. Si è trasferita dal fratello a Milano, in agosto, per rinnovare la carta d’identità e fare il vaccino anti Covid.

Secondo le accuse formalizzate dal gip Carlo Ottone De Marchi, che ha accolto la richiesta del capo dell’Antiterrorismo della procura di Milano Alberto Nobili e del pm Leonardo Lesti, la ragazza attirava online nuove leve da convertire, giovanissime, con un linguaggio infarcito di emoticon, e cercava contatti con mogli di terroristi detenuti o con le compagne di combattenti della jihad che voleva aiutare a fuggire dai campi siriani.

Alla sedicenne consiglia di scegliere un marito "con capelli lunghi e barba", con cui morire da martire. La stessa sedicenne sogna di celebrare un matrimonio "bagnato con il sangue dei miscredenti". Esulta con il marito, dopo la decapitazione del professore francese Samuel Paty. In una registrazione audio si esibisce in un "anasheed", canto a cappella, nel quale manifesta la disponibilità al martirio. "Il martirio è l’espressione massima per raggiungere Allah. Nel momento in cui una persona esterna questo desiderio - sottolinea il procuratore Alberto Nobili - scatta l’allarme". E così è stato.