Sabato 20 Aprile 2024

La Lega vuole starci ma così trema la sinistra. Draghi: "Ci penso io, fidatevi di me"

Oggi l’incontro con le delegazioni di grillini e Carroccio. Il premier incaricato auspica una larga adesione: troverò la sintesi

Migration

È il primo vero giorno delle consultazioni di Mario Draghi eppure gli occhi di tutti, inclusi quelli dei partiti sondati, si appuntano lontano da Montecitorio. I nodi reali sono altrove, e sono le forze che il premier incaricato incontrerà oggi: Lega e M5s. Senza l’okay di Salvini, la partita sarebbe già chiusa. Con qualche rimpianto, un po’ di rancore ma definita: maggioranza Ursula (giallorossi + FI), governo tecnico-politico. L’eventuale presenza del Carroccio renderebbe tutto molto più difficile per Pd, Leu e grillini: non si tratta di un vago spettro, ma di una concretissima possibilità. La marcia di avvicinamento del Carroccio al governo Draghi è rapida e decisa. Il leader leghista mette le mani avanti, cancellando i veti del giorno precedente: "Chi sono io per dire: ’tu no’?". Poi chiarisce che non farà a nessuno il favore di una presenza discreta: "Se ci siamo, ci siamo, come primo partito italiano". Insomma: con i ministri. È la notizia peggiore per i tre partiti dell’ex maggioranza. Per Leu che – dopo il colloquio con Draghi – sottolinea con la capogruppo Loredana De Petris "l’impossibile convivenza tra forze che hanno programmi opposti".

Consultazioni: il calendario del secondo giro

Governo Draghi: l'ok della Lega spiazza il Pd

Con la Lega il suo partito si tirerebbe fuori, anche se è lecito dubitare che la componente di Articolo 1 dell’ex ministro Roberto Speranza tenga il punto fino in fondo. Il Pd non ha neppure questa via d’uscita: al presidente incaricato Zingaretti nel pomeriggio conferma "la nostra piena disponibilità". L’unica carta che può giocare è quella dell’ostacolo programmatico. Per questo insiste per una "riforma fiscale progressiva" nella speranza (vana) che basti ad allontanare lo sforzo di Salvini. A porte chiuse Leu e Pd sono più espliciti: segnalano a SuperMario che se "il perimetro" includesse il Carroccio, la situazione si farebbe per loro molto complicata.

Draghi però li gela, facendo capire – cortese ma fermo – che sarà lui a tirare le somme e ricordando che il mandato del capo dello Stato è un governo svincolato da formule politiche: "La sintesi spetta a me, fidatevi della mia capacità di farla". Con Salvini oggi segnalerà che il suo approccio alla questione Ue è "pragmatico e non ideologico", usando termini cari al capo leghista. Insomma, se il Carroccio vorrà entrare, Draghi non sbarrerà i cancelli. A quel punto Zingaretti chiederebbe di ripensare all’ipotesi dei ministri politici: se proprio deve trovarsi in maggioranza nella Lega, preferisce che si noti il meno possibile.

L’incubo più spaventoso per il Nazareno però non è quello di ritrovarsi a braccetto con Salvini, ma di ritrovarcisi da solo. Persino Grillo fatica a convincere i senatori ribelli ad accettare Draghi. Ancora più arduo fargli ingoiare la presenza dell’odiato Silvio Berlusconi, tanto più con Di Battista che spara a zero. L’ex comico, appoggiato da Conte (pare punti a fare il ministro), spera di farcela. Ma se al pacchetto si aggiungesse l’ingombrante presenza di Salvini l’impresa rasenterebbe l’impossibilità anche perché su quel fronte pure l’ ex premier è fermo: "Bisogna mantenere il perimetro limitato a Ursula", ripete ai fedelissimi. Grillo però non vuole rompere l’asse con il Pd. Avrebbe addirittura promesso a Draghi di traghettare il Movimento nella sua maggioranza "comunque". Anche se ci fosse la Lega.

A far da pendant a questa telefonata, quella tra Berlusconi e l’ex presidente della Bce. Impossibilitato a capitanare la delegazione azzurra (forse motivi di salute, forse consiglio dei suoi legali dopo il forfait alle udienze) ha voluto anticipare la delegazione informando Draghi dell’adesione forzista alla sua maggioranza. Nessuna sorpresa per Fd’I: non ci sarà, ma Giorgia Meloni promette "di dare una mano sui singoli provvedimenti". La tentazione di un’astensione che ridurrebbe al minimo la frattura tra alleati non è dissipata. Tra i suoi c’è chi, come La Russa, spinge in quella direzione. La leader ci pensa, tanto da ipotizzare un nuovo vertice di coalizione prima della scelta finale.