La Lega punisce i furbetti del bonus Inps nel mirino, processo a Tridico

Salvini usa il pugno duro su Elena Murelli e Andrea Dara, che hanno ottenuto i 600 euro per le partite Iva. Domani il presidente dell’Istituto in Commissione. Si allarga il fronte di chi ne chiede le dimissioni.

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di Antonella Coppari

Matteo Salvini prova a tirarsi fuori dai guai in cui l’hanno precipitato i suoi parlamentari ingordi giocando d’anticipo e rilanciando: sospende Andrea Dara e Elena Murelli, rei di aver incassato il bonus da 600 euro per le partite Iva in difficoltà a causa dell’emergenza Covid. Ed evita così una situazione più che imbarazzante, quasi da pochade, quando il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, domani parlerà a Montecitorio (collegato da remoto) in Commissione lavoro per fare chiarezza sui nomi dei ’furbetti’ con gli esponenti dell’ufficio di presidenza. Proprio la Murelli, infatti, è la capogruppo leghista nell’organismo. A questo punto, dovrebbe soprassedere.

Ma soprattutto il leader della Lega cerca di spostare riflettori e pallottole su Tridico, cercando di farne la vera pietra dello scandalo. "In qualsiasi altro Paese i parlamentari sarebbero stati sospesi, ma il presidente dell’Inps sarebbe stato licenziato", avverte Riccardo Molinari, capo dei deputati leghisti.

In questa impresa il Carroccio non è solo: anzi, le nuvole che si addensano sul capo del numero uno dell’Inps diventano di giorno in giorno più fitte e più scure. Il Garante della privacy ha aperto un’istruttoria sulla gestione dei dati dei beneficiari fatta dell’ente. Italia viva, tramite il deputato Camillo D’Alessandro, vuole sapere se davvero lui "conoscesse già da maggio la vicenda: se così fosse – avverte il renziano – vorrei capire perché non l’ha comunicato al governo in modo che mettesse dei paletti". E d’altra parte tira un’ariaccia anche nel Pd, dove la bufera viene vissuta molto male.

Gli strali ufficialmente si appuntano sulla discutibile gestione delle informazioni fatte filtrare con il contagocce e, secondo quanto sospettano tanti, in modo strumentale. In realtà nel mirino c’è anche la gestione del bonus da parte dell’Inps. Anche se in questo caso si dovrebbe parlare almeno di una responsabilità condivisa col governo che ha varato i decreti da cui nasce il sussidio senza mettere paletti. Si difende la viceministra dell’economia Laura Castelli (M5s): la scelta di maglie tanto larghe che in mezzo ci sono riusciti a passare pesci grossi "nasce dall’esigenza di fare presto". Poi è vero: l’erogazione materiale del sussidio ricade sulle spalle dell’Istituto. E il fatto che, come è trapelato nei giorni scorsi, sia stato rifiutato a due deputati uno della Lega e un renziano (ma in entrambi partiti si sostiene che dalle indagini interne non risulta sia andata così) rende la vicenda ancora più paradossale.

Tanto che il presidente della Camera, Roberto Fico, per evitare che la caccia alle streghe degenerasse ulteriormente, ha fatto in modo che lo showdown avvenisse in commissione Lavoro: "È la sede parlamentare opportuna in cui affrontare la vicenda dei deputati che hanno richiesto il bonus partite Iva nei mesi scorsi". Se la Lega piange, M5s non ride. Al netto dell’uso del caso per fare propaganda referendaria, non c’è dubbio che i colpi tirati contro il presidente dell’Inps colpiscono anche i grillini. Ragion per cui sono molti – non solo Luigi Di Maio che l’ha voluto a capo dell’Istituto – a difenderlo: "Fa un lavoro serio e professionale". In secondo luogo perché, bene o male, uno dei 3 deputati ’reprobi’ viene proprio dal movimento nato per moralizzare la politica: anche Nicola Acunzo, che i grillini continuano a considerare l’indiziato numero uno malgrado le sue smentite, è un ex M5s.

Terzo, ci sono ancora 3540 parlamentari che non hanno sottoscritto il modulo di rinuncia alla privacy. Insomma: se è vero che il Carroccio risulta il partito più colpito, tra i 5Stelle già in subbuglio per il colpo di mano della consultazione ferragostana decisa da Crimi, l’intera vicenda ha moltiplicato i malumori.