La guerra logora il fronte interno dell’Occidente

Gabriele

Canè

Quello che sappiamo di sicuro, invece, è che in Europa, e in particolare in Italia, è sempre più diffusa nell’opinione pubblica la connessione tra la guerra e le nostre difficoltà economiche, soprattutto l’inflazione, con lo spettro di rappresaglie di Mosca, vedi il taglio del gas.

Non è un caso che a Bruxelles non decolli il sesto pacchetto di misure con un primo embargo sul petrolio, che con il gas costituisce il 40% dell’export di Mosca. Non è un caso che il vertice europeo di oggi non abbia ancora all’ordine del giorno il tema delle sanzioni. Non è un caso che Orban divida i 27 con la richiesta di esenzione per l’Ungheria, a cui l’oro nero arriva dalla steppa.

Insomma, più la guerra va avanti, più il logorio si fa sentire anche in campo occidentale, e le ragioni della tasca si sommano a quelle del cuore. Ben sfruttate da pacifisti veri o presunti. Anche se gran parte di quello che ha portato alla fiammata del costo della vita c’entra poco con le vicende ucraine. Anche se il gas aveva spiccato il volo già nel 2021 per i massicci acquisti effettuati sia dalla Cina, sia ad Ovest, noi compresi, per far fronte al boom del post Covid. Anche se tutti i prezzi erano impazziti, in agricoltura, edilizia, e industria manifatturiera.

Adesso, però, con l’embargo anche parziale al petrolio russo, il livello di scontro sarebbe destinato ad alzarsi. L’Europa, che lo subì a sua volta nel 1973 dai paesi Opec, ha preso tempo. Balbetta. Formalmente nessuna marcia indietro. Sostanzialmente non sa come muoversi, con un occhio al campo di grano, e uno a quello di battaglia. E l’orecchio attento all’opinione pubblica. Che ignora ciò che capita oltre il Muro. Ma sa bene quello che succede in casa. E non vuole che gli succeda di peggio.