La giungla dei controlli

di Giuseppe Turani

PRIMA o poi doveva succedere che i controllori fossero sospettati di essere collusi con i controllati. E la ragione sta nel semplice fatto che i controllori sono talmente tanti in Italia che alla fine bisogna mettere mano al portafoglio per venire a capo di qualcosa. Intendiamoci: non si vuole giustificare nessuno, e meno che mai chi corrompe e chi si fa corrompere. Però qualche riflessione seria va fatta. Qualche tempo fa (credo parlando a proposito di quello che è successo intorno al Mose veneziano) il premier Renzi ha detto che il problema non sono le regole (che esistono), ma i ladri. Purtroppo, se esistono le regole, esistono anche i ladri, da sempre. La domanda allora è: come si fa a avere meno ladri (o meno furti, meno corruzione)? Visto che non è nelle nostre facoltà cambiare la natura umana, non resta che riflettere sulle regole. E qui va detto subito che una delle fabbriche della corruzione in Italia sta proprio nella straordinaria abbondanza di regole e di persone e istituzioni delegate ai controlli. Le authority propriamente dette sono un po’ più di una dozzina, e sono già troppe. Alcune hanno centinaia di dipendenti, e i dirigenti (molto ben pagati) hanno incarichi che vanno dai 5 ai 7 anni. Detengono un grande potere. 

BASTA infatti che aprano un’istruttoria per creare un sacco di fastidi alle persone o alla società inquisite. Qualche volta, infatti, la mazzetta corre non per “sanare” (in modo improprio) qualcosa di illecito, ma soltanto per porre fine alla richiesta di chiarimenti. Ma non è finita. Abbiamo quattro o cinque corpi di polizia e un’infinità di magistrati, tutti titolati a aprire inchieste e fare indagini (giustamente). Forse tutto ciò è inevitabile. Ma il punto su cui bisogna fermare l’attenzione è la complessità delle nostre regole (sembra che per costruire una scuola servano più di 30 autorizzazioni). Qualche catena di supermercati ha impiegato anche dieci anni prima di essere autorizzata a chiamare i muratori per avviare la costruzione dell’edificio destinato all’attività commerciale. E’ folle pensare che servano dieci anni alla pubblica amministrazione per decidere se un ipermercato possa essere aperto o no. Come meravigliarsi se poi corrono le mazzette? Molti anni fa il responsabile di una grande catena distributiva mi spiegò la sua tecnica per non incorrere in guai con la legge. Una volta individuata la località e definito il progetto, si chiama un’azienda edile e gli si consegna il tutto, e gli si dice: non c’è nemmeno un’autorizzazione, faccia lei, prima conclude, prima si parte, e prima lei prende i soldi. Io sospetto, concluse, che siano corse delle mazzette, ma io non ne ho mai vista una, non ho mai maneggiato soldi in nero, questi sono problemi del costruttore. Se però non faccio così, non allargherò mai la mia attività, resterò prigioniero di assessori, uffici tecnici, pompieri, e altro ancora.

IN PIÙ, oltre agli infiniti controlli e al numero sterminato di autorizzazioni, bisogna anche fare i conti con una legislazione spesso confusa, contradditoria, fatta quasi proprio per generare contenziosi e discussioni (spesso risolte appunto con le mazzette o con la corruzione dei funzionari). Disboscare questa giungla sarebbe la prima cosa da fare. Se i diritti (e i doveri) di ognuno fossero chiari e limpidi, forse servirebbero anche meno authority. E il paese si muoverebbe più in fretta.

di GIUSEPPE TURANI