Giovedì 18 Aprile 2024

La fronda 5 Stelle minaccia: no alla fiducia

Dibba ironico dopo la lista dei ministri: "Ne valeva la pena?". Il 40% degli iscritti ha votato contro Draghi, rischio scissione concreto

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di Elena G. Polidori

Il giorno dopo il ’gran rifiuto’, Alessandro Di Battista subisce i primi attacchi della contraerea della nuova maggioranza e reagisce con sdegno: "Il quadro è da film horror – ha scritto ieri su Fb – soprattutto in virtù del fatto che un partito come Forza Italia probabilmente, nelle prossime ore, tornerà al governo del Paese". E, dopo la lista dei ministri, un sarcastico "ne valeva la pena?" che dice tutto. Con lui – almeno a giudicare dal ribollire delle chat e dai messaggi di solidarietà sui social –, è rimasta la base grillina dei duri e puri, quelli che non hanno nessuna intenzione di mollare rispetto alle radici ’rivoluzionarie’ del passato. Ma lo strappo è accusato anche da Roberta Lombardi e Luigi Di Maio per ragioni diverse, ma alla cui base resta "una storia d’amore" finita male.

Il primo a parlare è stato proprio l’ex leader grillino: "Con Alessandro – ha commentato Di Maio – conservo i più bei ricordi degli ultimi otto anni. Anche quelli più tristi e difficili. E per questo saremo sempre uniti da un profondo legame; non è un mistero che io e Ale, durante questi anni in diverse circostanze, abbiamo avuto una visione diversa, ma ci siamo sempre detti le cose con franchezza ed estrema sincerità e, quando potevamo, ci davamo anche qualche consiglio. Ha fatto una scelta che rispetto, ma spero e credo che non sarà un addio. Per la scelta di Alessandro chiedo rispetto". Stessa cosa chiesta da Roberta Lombardi: "Per Alessandro chiedo solo rispetto, dobbiamo rispettare anche chi la pensa diversamente".

Ora, però, dopo il lacerante addio, il M5s deve fare i conti con la fronda che si sta formando alle Camere. E che, per quanto irrilevante nei numeri, potrebbe però influenzare in qualche modo gli equilibri politici in Parlamento indebolendo la forza contrattuale della pattuglia stellata (a oggi 92 senatori e 190 deputati), qualora prendesse corpo in modo strutturato, ovvero con gruppi autonomi capaci di influenzare anche le commissioni. Perché, comunque, almeno stando alla ’conta’ di giovedì su Rousseau, Dibba è comunque il capo di un’opposizione interna che pesa per il 40%. E che, dunque, potrebbe crescere in futuro nei numeri. A Palazzo Madama da giorni si parla di "una decina" di senatori che discutono in concreto di un gruppo parlamentare di opposizione (c’è l’ostacolo regolamentare, finora non superato, del simbolo elettorale, che deve essere stato presente sulla scheda del 2018). Nessuno, però, si sbilancia sui numeri: al dunque saranno "poche unità", secondo un senatore ’governista’.

Dall’altro lato della barricata interna dicono invece che "molti sono tentati di non votare la fiducia a Draghi, ma sanno che è un punto di non ritorno". Sostiene Pino Cabras, tra i più incalliti ’No Draghi’ di Montecitorio: "La rottura, o scissione che dir si voglia, è comunque solo il piano B se non ci vengono dati spazi per cambiare il M5s". Ma a spazi per cambiare, l’opposizione interna nel M5s crede poco visto che ieri, dopo lo showdown del voto su Rousseau, si è esposto anche Davide Casaleggio, protagonista di un duro scontro con Grillo nei giorni scorsi che ha lanciato un appello per evitare una resa dei conti definitiva: "Chi oggi guida l’azione del M5s dovrà fare in modo di non gestire questo momento con arroganza o la larga parte contraria alla scelta di ieri potrebbe allontanarsi".