Mercoledì 25 Giugno 2025
P. F. DE ROBERTIS
Cronaca

La forza tranquilla di Leone

Inizia il pontificato: la fede al centro. In 150mila per l’insediamento. .

Inizia il pontificato: la fede al centro. In 150mila per l’insediamento. .

Inizia il pontificato: la fede al centro. In 150mila per l’insediamento. .

Inizia l’era di papa Prevost, la forza tranquilla della Chiesa dove l’accento va sul sostantivo che è lui, la sua personalità, la sua forza e le sue idee più che sull’aggettivo riferito invece alle necessità del momento, interne ed esterne, quelle di un pastore che riunisce un gregge negli ultimi tempi andato un po’ di quà e un po’ di là e rimette la Chiesa al centro del mondo senza fughe in avanti o di lato. E nella messa di inizio ministero petrino seguita da 150mila persone, quella che dà sempre il ‘la’ al pontificato, papa Leone ha condensato con gesti e con parole, anche quelle che non ha detto, il senso del suo programma di governo. A cominciare dalla scelta di far precedere alla cerimonia un lungo giro in papamobile tra la gente, in piazza San Pietro fino a via della Conciliazione, quasi un richiamo alla missionarietà della Chiesa chiamata sempre e comunque a uscire o magari dovuto anche alla sua volontà di colmare un deficit di empatia, di popolarità, che Leone avverte di avere rispetto al predecessore (autopercezione probabilmente errata, perché il calore si è sentito, negli incontri singoli Prevost appare sempre coinvolto emotivamente e anche ieri al momento di ricevere l’anello piscatorius si è commosso).

Per poi passare alle parole che ha usato durante l’omelia, pronunciata dopo l’imposizione del pallio pontificio. Non ha parlato di politica come fece Giovanni Paolo II (ricordiamo il suo famoso "aprite i sistemi politici a Cristo", che fece subito scattare un campanello d’allarme a Varsavia e a Mosca), non ha parlato di ecologia, poveri o migranti come Francesco ("dobbiamo essere custodi del creato, prenderci cura dei poveri") ma ha parlato di fede e di Chiesa, richiamando la necessità dell’unità. Una sottolineatura evidentemente necessaria dopo che negli ultimi anni in più di un episcopato si era sentita risuonare la parola ‘scisma’, mai udita per secoli, e che è stata una delle urgenze che i cardinali hanno evidenziato come necessaria al futuro pontefice.

"Amore e unità, queste sono le due dimensioni della missione affidata a Pietro da Gesù". Prevost ha sottolineato la varietà della Chiesa ("i cardinali arrivavano da strade e storie diverse"), descrivendosi come un umile servitore che si mette a disposizione per realizzare gli intenti decisi assieme ("Sono stato scelto senza alcun merito e con timore e tremore vengo a voi come un fratello").

Da buon agostiniano, con una chiara coscienza della dimensione comunitaria, l’azione di Leone avrà come punto di partenza quindi la Chiesa e la fede, perché "la Chiesa unita, segno di unità e comunione, deve diventare fermento per un mondo riconciliato". Ma non è una Chiesa che resta in sacrestia. Non ci si ferma solo qui. Perché la fede si fa concreta e l’agire pubblico della Chiesa anche. Così che al termine della mattina Prevost ha dato senso a quanto già accennato sia nei primi giorni di pontificato quando era stato definito il ‘papa della pace’, sia nella parole dette ieri in conclusione della messa, quando salutando le delegazioni straniere ha ricordato le sofferenze dei bambini di Gaza che "muoiono di fame" (l’altro giorno con i giornalisti aveva parlato anche del dramma degli ostaggi israeliani, ieri non ne ha fatto cenno e il presidente israeliano Herzog in prima fila non sarà stato contento) e le guerre in Myammar e in Ucraina.

Parole non scontate, a cui hanno fatto seguito le udienze concesse a Zelensky e quella di stamani a Vance. La scelta di ricevere prima Zelensky che il ‘suo’ vicepresidente è apparsa molto forte, e dà il senso della volontà del Papa di far assumere alla Santa Sede un ruolo di primo piano nell’attuale fase internazionale. La pace, pare dire Leone, non è assenza di un giudizio sulle cause della guerra, tant’è che anche ieri per l’Ucraina era tornato a chiedere una pace "giusta e duratura". È la forza tranquilla di Leone XIV appunto, un uomo dai gesti misurati anche se mai banali, uno che legge sempre e non improvvisa, che si commuove senza sbracciarsi, ma che è ben conscio della potenza del messaggio e del pulpito da cui lo annuncia.