Partiamo dal fondo, anzi dallo sprofondo: 2.815 miliardi di euro di debito pubblico, che sarebbero 48mila per ogni cittadino italiano, neonati compresi. Con una zavorra così, in continua, irrefrenabile ascesa, le manovre di governo, di ogni governo, sono ogni anno una specie di caccia a un tesoro che non c’è. Allora le promesse svaniscono, gli impegni si spalmano nel tempo. Intendiamoci, meglio così, meglio un approccio da formichine di quello inutile e insostenibile delle cicale, meglio che i 110 siano un limite di velocità che una costosissima regalia di Stato. Giorgetti è h24 di guardia al budget. Una garanzia. Gli altri, in attesa di battere cassa, esplorano strade conosciute: i condoni, ad esempio. Che stridono con la legge e con la morale premiando chi le ha violate, ma portano qualche soldo in casse svuotate dai bonus e dai tassi (15 miliardi in più nel ‘23). Salvini l’ha buttata lì per i piccoli abusi e Tajani che è persona di buon senso ha esemplificato: se è una finestra aperta senza permesso si può fare, se si è alzata la casa di due piani, non se ne parla. Ragionevole. Cosi come è stato ragionevole riportare in un solco possibile il prelievo sulle banche: meno incassi, ma pure meno danni collaterali. Iniezione di Realpolik. Insomma, la manovra che Meloni si appresta a varare non potrà (dovrà) che essere equa e minimalista, fatta di scelte precise e possibili, sulle ferite più sanguinanti della società, compatibili con i soldi che (non) abbiamo in una fase di stanca, quasi recessiva. Con una osservazione finale, diciamo un pro memoria. Ricordate la Spending review, nata e affondata con Cottarelli nel 2008 per ridurre la spesa pubblica e renderla più efficiente? Trasferita nelle leggi di bilancio è diventata routine. Tagli, soprattutto, mentre sull’efficienza ancora aspettiamo. Bene, forse è il momento di riparlarne, di rigenerarla. Spendere meno e meglio. Se non ora, quando?
CronacaLa finanziaria tra desideri e realpolitik
La finanziaria tra desideri e realpolitik
La manovra di Meloni deve essere equa e minimalista, con scelte precise e possibili sui problemi più gravi della società. Bisogna ricordare la Spending review per ridurre la spesa pubblica e renderla più efficiente.
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