Mercoledì 24 Aprile 2024

La figura che servirebbe e che non c’è

Lorenzo

Castellani

Philip Selznick, uno dei più importanti sociologi americani del dopoguerra, spiegava che le istituzioni contemporanee necessitavano di due componenti fondamentali per ben funzionare di cui non si poteva fare a meno: la leadership e l’amministrazione. Senza amministrazione la leadership, per costituzione visionaria e creativa, va fuori controllo, ma senza leadership l’amministrazione si trasforma in burocrazia. Se si osserva il panorama politico italiana è piuttosto evidente la sconnessione tra leadership e amministrazione. La destra ha soltanto leadership, uomini e donne forti alla guida di partiti personali. Le strutture hanno sempre fatto fatica sia sul piano dell’organizzazione partitica che soprattutto nel mettere a sistema interessi, corporazioni, categorie, relazioni diplomatiche. Lo stesso oramai vale per il centro dove il tira e molla tra Renzi e Calenda evidenzia la personalizzazione assoluta impressa alla politica, ma anche i rischi che l’accentramento carismatico comporta con scissioni, rotture di alleanze, cambi repentini di rotta. A sinistra, invece, c’è tutt’altro scenario. Letta e Conte sono due amministratori più che leader carismatici. Abituati a mediare, tessera la tela, procedere con gradualità, senza eccedere in empatia popolare. Letta punta sull’affidabilità personale e su un partito vecchio stile, diviso in correnti e ramificato nella macchina dello Stato, nella cultura e in certe corporazioni. Conte cerca di ricostruire senza strappi ulteriori l’identità del Movimento 5 Stelle e di preservare ciò che resta. Tuttavia, la fotografia mostra le debolezze del sistema politico italiano, spaccato a metà tra leaderismo spericolato e amministrazione ingessata. Quando ciò che servirebbe è proprio quello che Selznick indicava nel titolo del suo libro più noto: la leadership nell’amministrazione. Senza questa concordanza l’equilibrio politico resta sempre precario.