Venerdì 19 Aprile 2024

La fiamma Affondo della Segre "Meloni la tolga dal simbolo"

La senatrice a vita, testimone della Shoah: servono atti concreti per staccarsi definitivamente dal fascismo. La replica di La Russa: "Non è un richiamo al Ventennio. Suo marito è stato candidato con Almirante".

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di Ettore Maria Colombo

"Nella mia vita ho sentito di tutto e di più, le parole, pertanto, non mi colpiscono più di un tanto. A Giorgia Meloni, però, dico questo: inizi dal togliere la fiamma dal logo del suo partito". La senatrice a vita, testimone diretta della Shoah, Liliana Segre ha voluto affidare le sue parole non a un giornale qualsiasi, ma a "Pagine ebraiche". Una vera e propria tegola per Giorgia Meloni, vincitrice più o meno annunciata delle elezioni. "Meloni – spiega la Segre – tra l’altro ha detto che ‘La destra italiana ha consegnato il fascismo alla storia ormai da decenni, condannando senza ambiguità la privazione della democrazia e le infami leggi anti-ebraiche’. Parole che stanno suscitando molte reazioni, ma che se non saranno accompagnate da fatti concreti non avranno nessuna consistenza reale", chiude la senatrice.

Apriti cielo, in un clima già arroventato, quello di una campagna elettorale in cui la Sinistra già sventola la bandiera dell’antifascismo. Ora, al netto del fatto che la Meloni (classe 1977) non ha fatto in tempo a far politica nel Msi, tranne una breve parentesi nel Fronte della Gioventù (i giovani del Msi), Pd e alleati, sulla Segre, ci sono saliti in carrozza e andati a nozze.

Uno che, nel Msi di Almirante, ci ha passato, invece, la sua ‘migliore’ gioventù, quella dei tempestosi anni Settanta, il senatore, coordinatore e vicepresidente di FdI, Ignazio La Russa, replica cosi: "Con tutto il dovuto rispetto per la signora senatrice Segre che stimo, mi permetto di ricordare, a scanso di ogni equivoco che la Fiamma presente nel simbolo di Fratelli d’Italia, oltretutto senza la base trapezoidale che conteneva la scritta Msi, non è in alcun modo assimilabile a qualsiasi simbolo del regime fascista e non è mai stata accusata e men che meno condannata, come simbolo apologetico. Spero, inoltre, di non essere irriguardoso nel ricordare che il marito della stessa senatrice Segre, che ho personalmente conosciuto e apprezzato, si candidò con Almirante, sotto il simbolo della Fiamma, con la scritta Msi e senza ovviamente rinunciare alla sua lontananza dal fascismo". Tradotto: a brigante, brigante e mezzo.

Resta, però, il ‘problema’. Nel nuovo simbolo elettorale che la Meloni presenta per le elezioni, non è ‘cresciuta’ solo FdI (almeno nei sondaggi), ma pure la fiamma in questione che, dal punto di vista grafico, è diventata assai più grandicella.

La polemica, dunque, è tutta sulla "fiamma che non si spegne". Compariva, fiammeggiante, con tanto di tricolore, nel simbolo originario del Msi fondato, nel 1946, da Giorgio Almirante (combattente e ‘reduce’ della RSI) e altri: stava a indicare, a imperitura memoria, il corpo ‘intatto’ del Duce, Benito Mussolini, sepolto a Predappio, ma appeso, a testa in giù, a piazzale Loreto.

Fiamma che poi passò, più in piccolo, ma dritta per dritta, nel simbolo di Alleanza nazionale, il partito fondato nel 1995, con la ‘svolta di Fiuggi’, da Gianfranco Fini. Il quale Fini definì il fascismo "il male assoluto", in una visita (2003) in Israele che fece epoca e pure tante polemiche.

E fiamma che, infine, transitò nel simbolo di Fratelli d’Italia, quando (nel 2012) questi nacquero perché la Meloni e altri (La Russa, Guido Crosetto, l’unico che veniva dalla Dc e poi da FI, ma non altri ‘colonnelli’ storici di An, finiti nel Pdl) non accettarono la nascita del Pdl. Un partito, FdI, che nacque rasentando il 4% dei voti, ma che, ora, nei sondaggi, veleggia verso il 25%, con la Meloni già ‘incaricata’ da futura premier. Sempre che, beninteso, a Mattarella vada bene, oltre che vada bene, nelle urne, a molti italiani.