Giovedì 18 Aprile 2024

La dittatura del già pronto tra luci e ombre

Marcella

Cocchi

Ma sì, via anche le date di scadenza dal cibo, complicano la vita e se poi qualcuno sta male, beh, che annusi meglio il lezzo la prossima volta. Niente più scadenza mica sull’altare della lotta allo spreco, temo che sia solo una questione di tempo. Il fatto è che non c’è più tempo per cucinare, al massimo per “assemblare”. Salvo gli aspiranti chef, nessuno vuole più barattare le cose di qualità con una mezz’ora. Correre! Nei supermercati, soprattutto in quelli compressi dei centri delle grandi città come Milano, impossibile non notare che debordano scaffali destinati ai cibi già pronti. Intendiamoci: non si scopre l’acqua calda, il processo è partito 15 anni fa. Ma adesso! Adesso è diverso: l’insalata già lavata sembra un’invenzione preistorica se confrontata con gli attuali e più fantasiosi piatti mordi e fuggi. Guardate quanta frutta già tagliata, con il cocco o con il frutto della passione imbevuti di lime verde e un po’ di zenzero. E poi altro che quattro salti in padella, voila hamburger veg, club sandwich chic, lasagnette che promettono di resuscitare il sapore della nonna, solo che al posto del ragù disseminano tofu. All’onnipresente sushi ormai manca solo l’uso della parola. Sempre più il fast food, che una volta era definito junk food (cibo spazzatura), tenta di evolversi. Un confezionato di qualità oggi si dà arie da gourmet: sono green, ho i corretti valori nutrizionali, sono rispettoso di tutte le allergie possibili e sono già pronto, è vero costo caro ma sai c’è l’inflazione….

È negativo tutto questo? No, nella misura in cui sono migliorati cibi prima di basso livello. Però se uno entra per esempio in un supermercato nel Regno Unito, dove proprio tutto è inscatolato e già cucinato – avvistati pure i distributori di mini aragostine sotto vuoto – e se uno pensa che sta andando nella stessa direzione anche l’Italia, il paese del “chilometro zero” e delle materie prime da urlo, un po’ di amaro in bocca resta. E se a scadere fosse il nostro tempo più che il cibo venduto?